Poesie inedite

La recensione del libro di Dylan Thomas, Crocetti, 256 pp., 18 euro

Il 9 novembre 1953, al Saint Vincent Hospital di New York, Dylan Thomas (secondo Herbert Read l’autore della “poesia più assoluta del nostro tempo”) si spense a soli 39 anni. Trascorsi i settant’anni dalla morte e scaduti i diritti sulla sua opera, Crocetti editore riesuma dal suo corpus visionario e istrionico sessantadue poesie inedite per portare a compimento la traduzione italiana dell’opera omnia in versi. Il volume, con testo inglese a fronte, è a cura di Emiliano Sciuba e recupera in particolare ventidue poesie da quattro raccolte che Thomas diede alle stampe in vita, ventisette liriche composte tra il 1930 e il 1951 e tredici poesie adolescenziali. Fin dalle primissime poesie qui presentate il poeta di “E la morte non avrà più dominio” sembra aver già enucleato il tema principe dei suoi versi: l’incessante crearsi e decrearsi della vita, quell’energia distruttrice e allo stesso tempo salvifica che muove il cosmo, quindi anche l’arte e la lingua. Se anche in questi versi emerge la sua proverbiale oscurità è un pregio di questo volume mostrare anche la progressione espressiva che accompagnò gli ultimi anni e che rese la sua poesia un più “accessibile”. Anche in questi testi, così come nei versi dei metafisici inglesi (tra tutti John Donne), si realizza il miracolo per cui il microcosmo del poeta ingloba il macrocosmo e si realizza quel conflitto atavico tra immagini (inevitabile a causa delle contraddizioni insite nella natura) che solo attraverso la poesia trovano pace, come ebbe modo di scrivere egli stesso in una lettera. Qui dunque le caratteristiche da sempre riscontrate nella sua opera (tra cui l’ostilità della natura che lo avvicina a Leopardi, la rivelazione del divino, la redenzione possibile solo attraverso la poesia, la portata neoromantica, biblica e misterica, le pulsioni erotiche, la ferrea disciplina formale, il contrasto perenne Eros-Thanatos) vengono confermate in pieno e fanno ulteriore luce su quel magmatico discorso che intrattenne con la parola, un abitare continuo quel limbo sospeso tra luce e buio e la creazione di uno spazio ibrido (spesso deserto e senza speranza) che sovente è anche un regressus ad uterum (“Divento un bambino insicuro quando la luce muore. / Impazzirò se non conoscerò la notte. / Sono i terrori notturni che devo capire come amare”) e un ritorno cosmico al segreto (indecifrabile come molti suoi versi) della vita e quindi della morte. (Lorenzo Pataro) 
 
Poesie inedite
Dylan Thomas
Crocetti, 256 pp., 18 euro

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