Una fogliata di libri

Delitto impunito

Giulio Silvano

La recensione del libro di Georges Simenon edito da Adelphi (184 pp., 18 euro)

C’è poco da fare, appena Adelphi tira fuori un nuovo Simenon si lasciano gli altri libri e ci si mette a leggere quello, come rapiti da un incantesimo. C’è qualcosa di prodigioso nella capacità dello scrittore belga di costruire dalla prima riga un’atmosfera e di creare un ritmo godibile che ci permette di non mollare più il libro, complice l’asciuttezza, e non lasciarlo finché non l’abbiamo finito. Vale per i polizieschi di Maigret, ma vale anche per quelli che lui chiamava “romanzi duri”, che spesso hanno comunque l’aura del buon giallo.

Scritto nel 1953 mentre Georges Simenon era a Lakeville, in Connecticut, Delitto impunito, tradotto da Simona Mambrini, è ambientato a Liegi. La città dove Simenon è nato, e anche se è considerato un onorevole cantore di Parigi, come aveva detto una volta, “Liegi è presente in tutti i miei romanzi, anche se sono ambientati a Nantes o Charleroi”. Il protagonista di Delitto impunito è Élie, uno studente polacco ebreo, poverissimo, che vive in una fredda camera ammobiliata nella casa gestita da una vedova che mette a reddito le stanze a vari expat. Seppur nella sua povertà, Élie si può dire contento della sua routine, ammirando in segreto la figlia della padrona, tra una zuppa cotta sulla stufa a legna e una dispensa universitaria. Poi tutta questa confortante quotidianità viene interrotta il giorno in cui un altro studente decide di prendere la stanza buona della casa, quella che prima era il salotto. Il nuovo arrivato, appena più giovane, ebreo anche lui, è un rumeno più benestante che si fa chiamare Michel. Il suo arrivo distrugge gli equilibri della casa, porta scompenso nella vita degli altri. “In casa si era introdotto un elemento estraneo e questo non avrebbe portato a niente di buono”, pensa Élie. Tutti sembrano attratti o affascinati dallo straniero, anche la figlia della padrona, e a tavola non si parla d’altro che del nuovo arrivato, che esce tutte le sere per i bar di Liegi. E poi Michel sembra mettere in luce tutte le idiosincrasie di Élie, per natura associale e freddo, rigido e morigerato, che rifiuta con sdegno i tentativi di amicizia. “Da quando era arrivato, la vita nella casa non era più la stessa, Élie aveva perso la propria tranquillità e vagava come un gatto che non trova più il suo angolino familiare”. Uccidere Michel? E’ quello che si chiede a un certo punto Élie. E per cosa, per far tornare tutto com’era prima? O per punirlo per il suo “sorrisetto da prestigiatore?”.

    

Georges Simenon 
Delitto impunito
Adelphi, 184 pp., 18 euro

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