Una fogliata di libri

Il caso Morel

Alessandro Litta Modignani

La recensione del libro di Rubem Fonseca edito da Fazi (192 pp., 18 euro)

"Mi serve il suo aiuto – Mi dica che posso fare – Devo scrivere un libro. Matos non gliel’ha detto? – Mi ha detto che voleva parlare con uno scrittore – Mi serve aiuto per scriverlo”.

Rubem Fonseca (1925-2020) fa ricorso al classico espediente del “romanzo nel romanzo”, in questo suo noir di esordio del 1973, trovando subito grande successo e popolarità in Brasile e all’estero. Ora Il caso Morel viene pubblicato per la prima volta in Italia, anche se certo non susciterà lo scandalo di cinquant’anni fa.

Fonseca fu effettivamente un ex commissario di Polizia che divenne scrittore, esattamente come il suo personaggio Vivela, che incontra in carcere Paul Morel, artista maledetto e trasgressivo, accusato di aver massacrato di botte una sua giovane amante.

A mano a mano che Morel passa a Vivela le sue pagine, ne emerge un mondo torbido, popolato da prostitute disperate, ricchi depravati, artistoidi frustrati, maniaci sessuali. Morel racconta la sua versione dei fatti, fino al ritrovamento del cadavere della ragazza. Ma chi l’ha uccisa? La polizia sembra non avere dubbi, Vivela non è convinto e continua a indagare. Al momento del delitto, Morel convive con tre donne e un bambino in una sorta di strampalata “famiglia” poligamica e lussuriosa: una prostituta-madre, un’aspirante artista e una contestatrice ribelle di origini borghesi. Il sesso domina su tutto il romanzo, con descrizioni forti e crude.

“Come siete finite qui? – Abbiamo sentito che stasera ci sarebbe stato un casino da urlo e siamo venute. Davvero non ti va di fare niente? – Nel frattempo Guilherme si scopava Monica. Sono rimasto un po’ a guardarli e non mi è piaciuto affatto. Decisamente non ero un voyeur. Che ne diresti di un sessantanove verticale? ha detto Diana. Oggi no, sono a pezzi, le ho risposto”.

Quando Morel esaurisce il suo racconto, il romanzo si complica. Ai personaggi narrati nel manoscritto subentrano quelli “veri”, ognuno con un nome diverso e con una diversa versione dei fatti. Vivela procede a tentoni, in una Rio ricca e degradata,  popolata da personaggi ambigui. Fino alle ultime pagine, protagonista e lettori brancolano nel buio.

“Al contrario dell’opinione diffusa, pensare, guardare, agire in modo intensamente e costantemente erotico non provoca un calo dell’impulso sessuale, né rende il sesso qualcosa di molesto, faticoso o stomachevole – dice Gomes – Più mangiamo, più mangiare ci piace e vogliamo farlo. Lo stesso accade con il sesso, non si arriva mai a un punto di saturazione”.

 

Rubem Fonseca
Il caso Morel
Fazi, 192 pp., 18 euro
 

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