Una fogliata di libri

Quasi niente sbagliato

Cristina Marconi

La recensione del libro di Greta Pavan edito da Bollati Boringhieri (192 pp., 16 euro)

"Mia madre non era di Milano, mentre quella donna sì; un argomento che pareva dire qualcosa sul successo di mio padre nella vita”. Greta Pavan usa il cesello per raccontare la Brianza nel suo Quasi niente sbagliato, romanzo di esordio e anche di formazione in cui ripercorre la vita di Margherita, nata nella provincia lombarda da una famiglia emigrata dal Veneto, e quel desiderio crescente di rompere il diktat della produttività – da cui si sente comunque esclusa in quanto femmina – per fare la giornalista, “un lavoro per persone speciali e più intelligenti”, capaci forse di distinguere quello che è giusto da quello che è sbagliato e di ottenere il rispetto delle famiglie che, quando un cronista appare in tv, smettono di parlare. Non è uno sfondo provinciale generico, quello del libro, che prende il titolo da un verso de “Il bombarolo” di Fabrizio De André e che racconta di qualcosa di storto, forse proprio la protagonista, che cerca il riscatto in un luogo come la Brianza, in cui di riscatto, volendo, non ci sarebbe bisogno. La forza del libro sta proprio nel tratteggiare l’estrema autosufficienza di una regione dai confini indefiniti dove il lavoro, rigorosamente manuale, c’è, si inventa, si moltiplica fino a diventare identità, spesso l’unica. Pavan lo fa grazie a una prosa estremamente interessante, ricca e ritmata, che le è valsa una menzione speciale al Premio Calvino e che le permette di descrivere nei particolari un paesaggio in cui è “un fatto frequente” quello di “vedere il proprio cognome montato sul tetto di un capannone” e dove il disinteresse per il paesaggio si accompagna a un’ossessione per l’aspetto delle persone. La madre della protagonista, dimagrita dopo una serie di delusioni che le avevano attirato la riprovazione della comunità “ed essersi mostrata in pubblico stanca e quasi sconfitta, aveva avuto successo nella faccenda più importante: era bella. A quarant’anni, mia madre era bella; tutto era perdonato”. Alla sfera paterna, anch’essa poco integrata nel tessuto produttivo locale, viene invece affidato il compito di osservare l’evento politico che ha definito gli anni Novanta e la Brianza stessa, ossia la nascita della Lega, che applica il mantra locale della fattività all’obiettivo vacuo di “proteggere i nostri. I nostri lavori, le nostre famiglie. La nostra salute. Perché nessuno lo fa per te”. Poi si guarda a Milano, il grande magnete, ammirata e vista con sospetto, come spiega bene la nonna in un veneto stretto che rappresenta una sorta di doppia mandata provinciale, locale. “Sze qui cà ti ta deve remanere, Margarita. Quea gente lì son diversi”.

     

Greta Pavan
Quasi niente sbagliato
Bollati Boringhieri, 192 pp., 16 euro

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