Una Fogliata di libri

Dominio

Alessandro Mantovani

La recensione del libro di Andrea Esposito (il Saggiatore, 176 pp., 19 euro)

 

Tra palazzi e boschi, Cane (ex tossico) è in fuga perché ha involontariamente ucciso la donna chiamata Esattrice, sottoposta di Nunzio, malavitoso di piccola taglia. A braccarlo è Serse, sicario apatico e nichilista. Questa, la trama sottesa a Dominio, il secondo romanzo di Andrea Esposito. Il libro, visionario, minimale, allucinato, sostituisce presto ai ritmi del thriller i toni di una fiaba disturbante, dai confini temporali e spaziali indeterminati, che si snoda attraverso le propaggini periferiche di una città senza nome fino a una campagna contaminata, simbolo di quel “terzo paesaggio” teorizzato da Gilles Clément, in cui rovine dell’attività umana – ruderi di centrali idroelettriche, campi di roulotte, case diroccate – si accompagnano a una natura marcescente che cresce soffocando ogni cosa (“Niente era abitato oppure il mondo l’aveva ripreso”; “La vegetazione è cresciuta senza criterio e senza argini. E’ cresciuta mutando forma e colori invadendo ogni spazio e accavallandosi e sopraffacendosi”).

 

Percorrendo tali luoghi, Serse e Cane ne incontrano gli abitanti, col risultato di tramutare la loro caccia in un viaggio attraverso un’umanità derelitta e abbandonata che nella sua miseria silenziosa assomiglia ai fantasmi o a un’escrezione dei luoghi stessi (“E come il campo le figure che incrocia sembrano portate lì dal caso e allo stesso tempo emanate dal greto come strani avanzi organici”). Quest’incrocio di spazi e figure permette poi di elevare l’indecifrabilità dei fenomeni a cifra dell’intera narrazione, a cui da un lato fa da inutile contraltare un costante rimando al senso della vista – anch’esso inabile a comprendere la realtà (“Catia lo guarda che guarda la donna come un ingombro. Lo guarda che la guarda come guarda lei, come un niente”). Dall’altro, il ritmo frenetico dell’inseguimento è sistematicamente interrotto da racconti, visioni e monologhi di cui nessuno coglie mai il senso, restituendo uno spaesamento che accomuna i due protagonisti, i quali in virtù di ciò si muovono e agiscono in maniera precaria e sghemba, più simili a ombre che a esseri viventi (Serse "[…] avanza come qualcosa d'inorganico e avanza come sempre cadendo", "come un sasso molle"). In una narrazione dallo stile acidissimo, corporale e nichilista, Esposito dipinge un mondo ostile, a un tempo iperrealistico e misterioso, in cui ha scena il gioco truce dell'esistenza come catena alimentare, che mescola e confonde prede e cacciatori per poi restituirli al nulla che li attende.

 

Andrea Esposito
Dominio
il Saggiatore, 176 pp., 19 euro

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