John Henry Newman. La vita (1801-1890)

Giuseppe Perconte Licatese

Recensione del libro di José Morales Marín edito da Jaca Book (441 pp., 25 euro)

Il culto del più grande convertito dall’anglicanesimo al cattolicesimo, proclamato santo da Papa Francesco, difficilmente andrà oltre una minoranza intellettuale del popolo dei fedeli e questa biografia, in cui l’aspetto narrativo è minimo rispetto alla ricostruzione storica e teologica, lo conferma. Non poteva essere altrimenti. Il dramma, nella vita di Newman, non sta in ciò che accade ma nelle tensioni, nei colpi di scena della vita della mente e dello spirito. Il suo eroismo stava nel difendere le prerogative dell’invisibile, nel dire, a un secolo votato a trasformare il mondo con l’industria e con la politica, che la correttezza del credere viene prima della correttezza dell’agire.

Una coscienza precoce di Dio chiama John Henry al sacerdozio nella chiesa anglicana. Per il padre, pragmatico uomo d’affari, la sua è una mania, la madre e le sorelle sono anglicane piuttosto convenzionali, i fratelli oscillano tra l’agnosticismo e lo spiritualismo tipici dell’epoca vittoriana. Newman si fa valere come studioso e come predicatore a Oxford e avrebbe fatto strada nella chiesa anglicana, se non fosse che nel 1845 vede che l’unica, vera, cattolica e apostolica chiesa è quella romana. Non ci sono stati incontri o fatti miracolosi: la conversione scaturisce dallo studio della patristica e dalla preghiera individuale. Newman non conosce nessuno dei cattolici inglesi quando si presenta alla loro porta per ricevere i sacramenti.

D’ora in poi la sua vita sarà un continuo di controversie pubbliche. Sono anni di fuoco: le scienze positive e le nuove idee politiche si contendono il posto della fede tradizionale, in tutta Europa è lotta tra il protestantesimo e la chiesa del Sillabo e dell’infallibilità papale. La vita di Newman si svolgeràcfra tre poli: Birmingham, terra di missione tra le masse operaie e le classi colte sempre più lontane dalla fede, dove egli fonda il primo oratorio di san Filippo Neri; Dublino, dove lavora al difficile progetto di un’università cattolica; e la curia di Roma, che metterà alla prova la sua obbedienza. Molto di quello che Newman desiderava compiere non si realizzerà durante la sua vita. La clamorosa conversione ne faceva un nemico per gli anglicani e un non sempre gradito intruso negli ingranaggi di governo della sua nuova chiesa. Rigoroso nella dottrina, nella politica è incline a scegliere la linea di minore resistenza o a ritirarsi. Non ha grandi ambizioni e alla fine si rifugia nella cura dell’oratorio di Birmingham. Del tutto inattesi giungeranno il trionfo editoriale dell’Apologia pro vita sua e la porpora cardinalizia conferitagli da Leone XIII.

Ha condotto e confermato molti nella chiesa cattolica, vivendo intensamente le amicizie e le inimicizie. Ma nell’intimo Newman era uno stilita. La sua colonna erano il pulpito e lo scrittoio. La sua santità era la solitudine di un uomo sempre, in fondo, assorto nel rapporto tra, come scriveva, gli unici “due esseri assoluti e luminosamente evidenti in se stessi: io e il mio Creatore”.

 

John Henry Newman. La vita (1801-1890)
José Morales Marín
Jaca Book, 441 pp., 25 euro

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