L'Isola dei fucili

Massimo Morello

Il libro di Amitav Ghosh, Neri Pozza, 320 pp, 18 euro

Le Sundarban sono la frontiera dove il commercio e la natura selvaggia si guardano negli occhi, il punto esatto in cui viene combattuta la guerra tra profitto e natura. Quale posto migliore di una foresta brulicante di serpenti per costruire un tempio a Manasa Devi?”.

 

La dea dei serpenti e di ogni altra creatura velenosa è la protagonista latente e archetipica dell’ultimo romanzo di Amitav Ghosh, L’Isola dei fucili. Le  Sundarban  sono la più grande foresta di mangrovie del mondo: si estende nel Golfo del Bengala, là dove il Gange e il Brahmaputra si congiungono in un immenso delta di paludi, isole flottanti, fiumi e canali. E’ un santuario naturale ma è anche una delle zone più povere del mondo, ciclicamente devastata da cicloni. Che rischia di essere sommersa per effetto dei cambiamenti climatici, contaminata dai residui della sovrappopolazione, dall’inquinamento del traffico mercantile e degli insediamenti industriali. Un mondo d’acqua dove non si trova acqua potabile.

 

In questo scenario da disastro perfetto, con la complicità della dea dei serpenti, lo scrittore indiano – anzi, bengalese – intreccia le sue ossessioni e i suoi sogni, demoni e santi, cronaca e storia, leggende, simboli, metafore. Secondo Arunava Sinha, critico anch’egli bengalese (ricordiamo che questa terra è luogo di nascita e ispirazione di Rabindranath Tagore, poeta e filosofo, Nobel per la letteratura nel 1913), questo romanzo segna quasi una nuova forma narrativa: un modo di intersecare le traiettorie di una storia personale con quella globale. “Il mondo era cambiato troppo, e troppo in fretta; i sistemi attualmente in vigore non obbedivano più ad alcun padrone umano, ma, imperscrutabili come demoni, seguivano imperativi tutti loro”, scrive Ghosh. E così le leggende assumono la forma dei cambiamenti climatici e questi, dal Golfo del Bengala dove sono un destino, si spostano in luoghi che per noi non sono un altrove. “Un paesaggio di lagune paludi e sinuosi corsi d’acqua… Da quell’altezza, la laguna veneziana poteva essere scambiata per le Sundarban”. E’ un cambio di scena prima ecologico e poi culturale che può stupire solo chi non ha memoria della storia della Serenissima. “A volte mi chiedo che effetto farebbe la Venezia di oggi ai grandi viaggiatori veneziani del passato… Con chi avrebbero più cose in comune? Con noi italiani del Ventunesimo secolo che affidiamo ai migranti qualunque lavoro umile… o con questi ragazzi che rischiano la vita per attraversare il mare come i grandi viaggiatori veneziani del passato?”.

 

Il vero protagonista di questo libro è un cosmopolita puro, romantico nelle sue paure e avventure, che si muove in un mondo non globalizzato ma in cui la Via della seta, il Mediterraneo e l’Indo Pacifico sono uniti da forze imperscrutabili, dove le sincronicità si sommano, lo scontro culturale si trasforma in ricorrenze. “Dovevo a ogni costo aggrapparmi alla mia fede nel caso. Avevo la sensazione che attraverso quelle traversie, quella mia fede fosse stata messa alla prova, come il Budda insidiato dal demone Mara, come sant’Antonio nel deserto”, dice.

 


 

Amitav Ghosh

L’Isola dei fucili

Neri Pozza, 320 pp, 18 euro

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