recensioni foglianti

Le illusioni della certezza

Federico Morganti

Siri Hustvedt, Einaudi, 288 pp., 21 euro

Abbiamo appreso a scuola che in filosofia le domande sono più importanti delle risposte. Eppure la storia del pensiero è storia di risposte tanto quanto lo è di domande. E’ insomma storia di certezze. Siri Hustvedt non è una filosofa, ma una studiosa con una fine capacità di lettura critica dei testi e di utilizzo delle fonti.
Le illusioni della certezza hanno a che fare con il problema mente-corpo e quell’intersezione tra filosofia e scienze che si interroga su cos’è l’essere umano.

  
Secondo Hustvedt, filosofi e studiosi di vario genere hanno lavorato con distinzioni concettuali troppo rigide: quella tra “mente” e “corpo”, ancora sulla scia di Cartesio, e più di recente tra “natura” e “cultura”. Nel primo caso, ci si è spesso dimenticati del contributo nel corpo nella formazione del pensiero, delle emozioni, della cultura. Nel secondo, una rigida dicotomia ha indotto gli studiosi a equiparare il biologico all’innato e a considerare come innati tratti la cui genesi è in realtà assai più complessa. E’ il caso delle differenze di genere, ad esempio della sottorappresentazione delle donne nelle discipline Stem, che secondo la psicologia evoluzionistica può essere spiegata sulla base di differenze biologiche hard.

  
C’è però un problema. Siamo soliti pensare che il patrimonio genetico detti la linea dello sviluppo dell’organismo, influenzandone i tratti adulti. E nel dire ciò pensiamo di far giustizia di quella che è la nostra eredità biologica. Ma lo sviluppo, l’epigenetica, la cultura, non sono processi che si “aggiungono” al biologico. Sono anch’essi parte della nostra biologia. Uno dei modi più interessanti in cui cultura e biologia si intrecciano è quello in cui le aspettative culturali influenzano l’esito di quegli stessi esperimenti concepiti per indagare le differenze tra mente maschile e femminile. Per dirne una, donne a cui è iniettata una sostanza che credono sia testosterone – l’indiziato numero uno, quando si tratta di differenze di genere – “si trasformavano in caricature di maschi brutali”, almeno in base agli stereotipi.

  
La complessità del legame tra biologia e cultura è ciò che fa dubitare Hustvedt dei programmi di riproduzione artificiale dell’intelligenza. L’idea che la mente somigli a una macchina di straordinaria complessità, e sia riproducibile da un dispositivo altrettanto complesso, presuppone che il medium biologico sia in qualche modo trascurabile. Ogni tentativo di riprodurre la coscienza umana, viceversa, dovrebbe essere in grado di simulare il fatto che la cognizione dipende da un corpo, che si muove in ambiente e si costruisce attraverso relazioni con gli altri. Né questa vuole essere una forma di scetticismo.
Il messaggio di Hustvedt è un altro: se vogliamo replicare artificialmente l’intelligenza umana, non dobbiamo mai dimenticare che la mente è sempre frutto di un corpo e di un ambiente entro il quale si muove e in cui impara, entrando in relazione con il mondo e con gli altri.

   

LE ILLUSIONI DELLA CERTEZZA
Siri Hustvedt
Einaudi, 288 pp., 21 euro

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