recensioni foglianti

Manhattan Beach

Gaia Montanaro

Jennifer Egan
Mondadori, 510 pp., 22 euro

Questa è una storia che ha dentro tante storie. E’ la storia di Anna, che si mette alla ricerca di un padre. E’ la storia della prima donna palombaro durante gli anni del secondo conflitto mondiale. E’ la storia di New York che, con il suo porto di Manhattan Beach, accoglie le immense navi belliche che giungono da oltre oceano. E’ la storia di una famiglia che si scompone per poi provare a ricomporsi. Ed è la storia del mare.
Questi sono solo alcuni degli elementi che compongono l’ultimo romanzo di Jennifer Egan, premio Pulitzer nel 2011 con Il tempo è un bastardo, che si confronta questa volta con un romanzo storico, articolato e imponente, ambientato nella New York degli anni Quaranta. La protagonista, Anna, affronta tutte le fatiche che comporta il provare a diventare palombaro e a lavorare in un ambiente fortemente maschile. Ma accanto a questo Anna ha un conto in sospeso con il passato. Suo padre Eddie è scomparso e la ragazza è sicura che la sua sparizione abbia a che fare con Dexter Styles, malavitoso che Eddie frequentava e che ora Anna si ritrova più vicino di quanto vorrebbe. Da qui prende avvio una serie di diramazioni narrative ampie, dei veri e propri movimenti sinfonici, raccordati dal mare come elemento unificante e che porteranno Anna, sia fisicamente che metaforicamente, sotto la superficie delle cose, alla ricerca della verità, sua e altrui. Anna dissotterra gli oggetti in fondo al mare e allo stesso modo scava nei rapporti, nei sentimenti, nelle circostanze. Cerca la verità ma a tratti si abbandona al fluire delle cose, come lo sciabordare delle onde che nel loro andirivieni pacificano. Jennifer Egan racconta una storia che è una vera epopea, riuscendo a tenere insieme i fili di una narrazione complessa ed estremamente stratificata (ci sono voluti dieci anni per scrivere il romanzo) con una sapienza e una compattezza narrativa che suggeriscono una cifra del racconto molto cinematografica. E’ infatti una scrittura che si abbandona alle immagini, che tratteggia i personaggi in modo efficace ma quasi mai lirico. Su tutto predomina la trama, la capacità che l’autrice manifesta di padroneggiare la materia narrativa, riuscendo a far accadere cose anche nel silenzio dei passaggi tra i capitoli. E poi c’è il grande lavoro di ricostruzione storica, la perizia con cui l’autrice evoca non solo circostanze ma tenta di cogliere lo spirito del tempo, le fratture e le contraddizioni di un passato così difficile e complesso ma in fondo gravido delle stesse domande che abitano il nostro presente. Domande che insorgono con maggior forza e definitività dinanzi al mare, dove Anna paradossalmente riesce a riorganizzare la propria identità, a mettere in fila le cose e vederle per quello che sono. “Le navi lanciavano richiami per evitarsi, ma ad Anna sembrava sempre che si fossero perse e cercassero compagnia nel bianco senza fondo”. Anna che sceglie di perdersi per provare a ritrovarsi. Come fanno le navi, che dopo un lungo viaggiare solcando il mare, fendono la nebbia in cerca del porto in cui riparare.

 

MANHATTAN BEACH
Jennifer Egan
Mondadori, 510 pp., 22 euro

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