Schizzo a olio (incompleto) di Benjamin West delle delegazioni al Trattato di Parigi che sancisce la fine della guerra d'indipendenza americana e dei conflitti collegati

Un Foglio internazionale

La crisi tra liberali e conservatori

Com’è cambiata la destra in America e in Gran Bretagna

Ogni lunedì, segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere, a cura di Giulio Meotti


  

“Il conservatorismo e il liberismo hanno avuto un rapporto simbiotico”, spiega Henry Olsen sul Washington Post: “Un nuovo saggio dell’economista Tyler Cowen suggerisce che questa relazione terminerà presto”. Cowen sostiene che il liberismo sta morendo perché non è più in grado di risolvere i problemi moderni. I liberali tradizionali credono che l’intervento del governo sia sempre dannoso e che crei più problemi di quanti ne risolva. La loro tesi di fondo è rimasta sempre la stessa, e per questo le ricette liberali non vengono più ritenute credibili per risolvere i grandi problemi globali.

    

Cowen abbandona la fede dottrinale dei liberali, e sostiene che l’intervento del governo a volte è necessario per garantire alcuni diritti e servizi fondamentali. Questa nuova filosofia si chiama “State Capacity Libertarianism”, ma ha poco a che fare con il liberismo tradizionale. Si avvicina di più al conservatorismo One Nation sostenuto dal premier britannico Boris Johnson e dal senatore americano Marco Rubio. Questa filosofia politica ha radici antiche, nasce nell’Ottocento dai libri dei fondatori del pensiero conservatore. Queste idee mantengono la tesi di fondo dei liberali – l’idea che lo scambio libero tra individui e aziende tutelato dallo stato di diritto produce ricchezza per tutti – ma aggiungono che il capitalismo deve servire il bene comune. Le riforme proposte dai conservatori cambiano a seconda dei problemi di ciascun paese.

    

In Gran Bretagna Boris Johnson ha promesso di ridurre le disparità tra nord e sud. Rubio si è preoccupato delle conseguenze della concorrenza cinese sulla manifattura statunitense. Queste teorie partono dal presupposto che gli strumenti del governo – tasse, spesa pubblica, sussidi – possono risolvere alcuni problemi sociali. La maggior parte dei cittadini accetta questo presupposto che però smentisce le teorie dei liberisti più ortodossi.

 

Molti repubblicani in America non sono in grado di offrire una risposta ai progressisti per risolvere i problemi legati a sanità, istruzione e cambiamento climatico. Pochi conservatori in America sono disposti ad ammettere che l’intervento del governo a volte può essere giustificato. Quelli come Rubio che contraddicono questo dogma vengono etichettati come “fascisti” o “statalisti”. Se anche un importante pensatore liberista come Cowen si è convinto che l’azione del governo è necessaria per risolvere alcuni problemi, il mondo repubblicano deve iniziarsi a fare alcuni domande. Rubio finora è tra i pochi conservatori americani ad avere rotto il ghiaccio e messo in discussione i dogmi della destra americana. “Il saggio di Cohen ha portato nuova luce in un movimento (quello repubblicano, ndt) che per troppo tempo è rimasto al buio”, conclude Olsen: “Questo processo continuerà e col passare del tempo i conservatori si sveglieranno dal loro torpore”.