Foto LaPresse

A Parigi un rebus demografico

Dalla crisi del cattolicesimo all’ascesa dell’islam. Il commento di The Article 

“C’era qualcosa di oscuramente simbolico nell’incendio che ha quasi distrutto la cattedrale di Notre-Dame a Parigi il 15 aprile” scrive Michel Gurfinkiel, giornalista e intellettuale ebreo francese già fondatore dell’Istituto Jean-Jacques Rousseau. “Non si poteva fare a meno di collegare il disastro religioso e architettonico a una crisi più profonda: la fine della Francia come un paese distinto, o almeno come una nazione occidentale giudeo-cristiana. […] Non si può più negare che una trasformazione epocale e pericolosa, un ‘Grande cambiamento’, sia in via di formazione. Jerome Fourquet, analista dell’istituto di sondaggi Ifop, in un libro uscito lo scorso febbraio, ‘L’Archipel français’, spiega che il cattolicesimo, una volta la religione principale della Francia, sta decadendo. Quindi, implicitamente, una visione tradizionale della vita, della morte, della famiglia, del destino individuale e della politica. Allo stesso modo, le comunità musulmane immigrate con prospettive e valori completamente diversi stanno crescendo all’interno della società francese a un ritmo rapido e stanno diventando sempre più assertive. ‘Lo spettacolare declino del cattolicesimo è stato il principale fenomeno religioso della Francia negli ultimi cinquant’anni’, scrive Fourquet nel suo capitolo di apertura. Il censimento basato sull’origine, la religione o l’etnia è vietato o limitato in Francia per legge. Di conseguenza, circolano da decenni stime demografiche molto basse e irrealistiche dell’islam francese. A oggi, molti accademici e alcune agenzie governative continuano a sostenere che la popolazione musulmana non supera il 6-8 per cento della popolazione generale della Francia metropolitana. Secondo Fourquet, questi numeri non si adattano ad altri dati, come l’altissima percentuale di nomi musulmani tra i bambini francesi nati nel 2016: 18,8 per cento a livello nazionale, dal 25 al 40 per cento in aree altamente urbanizzate nella Grande Parigi, Lione, l’area mediterranea, la Francia orientale e la Francia settentrionale. Tale discrepanza significa, a dir poco, che i musulmani francesi hanno molti più figli dei non musulmani. Potrebbe anche implicare, come molti demografi o analisti avevano sempre sospettato fin dagli anni Novanta, che i dati sull’immigrazione musulmana, inclusa l’immigrazione clandestina, erano sempre stati imperfetti, e che c’erano molti più genitori musulmani rispetto a quanto ipotizzato. Fourquet è costretto a concludere che la Francia, una volta orgogliosamente autodefinitasi come ‘una sola nazione’, sta collassando ‘a un ritmo incredibile’ in ‘eteroculture etnoculturali’. La crisi dei gilet gialli potrebbe essere in larga misura una risposta del cittadino comune francese a un disastro senza precedenti”, conclude Gurfinkiel. “Può anche indicare, come suggerisce Fourquet, che il processo ha raggiunto un punto tale che la Francia come nazione ha lasciato il posto a un ‘arcipelago’”.