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Uffa!

Altro che boicottaggio, per capire cos'è stato il fascismo va letto anche Evola

Giampiero Mughini

C’era tanta monnezza anche nell'editoria del maoismo trionfante, ben prima del caso di "Più libri più liberi". E bastava una parola sgradita per rompere amicizie incise nel marmo

Purtroppo l’attuale malfunzionamento delle mie gambe non mi permette di andare in giro, figuriamoci addirittura se potevo andare fino alla Nuvola, l’edificio romano un tantino ai margini della città dov’è in corso la manifestazione dedicata ai libri, al ragionare sui libri. Confesso di essere stupito dalla virulenza con cui in tanti hanno lamentato la presenza alla Nuvola di uno stand dedicato ai libri di destra, reputando loro quei libri un sacrilegio o qualcosa del genere. Stupito, perché se a qualcuno quei libri fanno orrore non ha che da non comprarli.

Non so esattamente quali fossero i titoli di questi libri. Alcuni giornali hanno citato un libro francese dell’anteguerra, a firma Léon Degrelle, un libro che sono contento di aver letto ai tempi dei miei studi universitari. Erano gli anni Trenta quelli raccontati da Degrelle, ed erano anni in cui in Francia la cultura di destra era fiorente. I nomi di Louis-Ferdinand Céline e di Robert Brasillach vi dicono qualcosa? Vorrei ben vedere che qualcuno si rifiutasse di leggerli, e tanto per citare due scrittori famosi. Comunque è un fatto che in Francia a quel tempo le riviste e i giornali di destra vendevano in media quattro volte più dei rispettivi giornali di sinistra. Se volete capire un minimo della storia francese dagli anni Trenta sino alla fine della Seconda guerra mondiale, con quella cultura dovete fare i conti.

Parlo della Francia perché è quella che conosco meglio, ma quanto che sto dicendo vale per tutti i paesi. Ivi compresa l’Italia. Molti di voi conoscono i romanzi di Romano Bilenchi e di Curzio Malaparte dell’anteguerra quando erano sufficientemente fascisti, e anche se nel Dopoguerra saltarono entrambi il guado e divennero di sinistra. Bilenchi al punto da dirigere un quotidiano comunista fiorentino. Ovvio che entrambi vanno letti prima e dopo. Il fascismo italiano purtroppo è stato una realtà di uomini e di pensieri compiuti, non un crimine punto e basta. Sta parlando uno il cui padre si sposò in camicia nera, uno che a vent’anni digrignava i denti quando sentiva odor di fascismo e meno male che mi sono fermato a quello. In tanti della mia generazione nel diventare antifascisti divennero dei criminali e degli assassini e non si limitarono a parlare male dei giornalisti antifascisti, al possibile li uccisero.

Sto parlando di roba che dista da noi poco meno di un secolo. Proprio per questo va capita in tutte le sue sfumature, proprio per questo più ne leggi e meglio è. Dici Julius Evola e subito ti viene in mente il fatto che è stato (ancora nel Dopoguerra) un nome sacro alla destra, uno che ci mise del suo nel far diventare dei criminali alcuni ventenni. Ebbene, eccome se Evola va letto. Eccome. Fossi in voi non mi lascerei sfuggire il libro che gli ha appena dedicato il mio amico Guido Andrea Pautasso, uno che di certo non è sospettabile di simpatie destrorse, e bensì è uno che vuole sapere e capire il mondo com’è andato nel Novecento.

Ci sono nell’emisfero editoriale e culturale di destra dei libri che sono pura monnezza? Certo che sì e come tali vanno trattati, ma di monnezza ce n’era tanta ai tempi in cui il maoismo fioriva a sinistra e con molti dei miei amici i rapporti si avvelenarono da quanto le sparavano grosse forti di quel maledetto libretto “rosso” fuoco. Mi viene solo da piangere al pensiero di quanto erano divenuti conflittuali i miei rapporti con il mio conterraneo Agatino Vittorio, un amico fraterno che da qualche mese non c’è più. Lui era divenuto un fervente maoista e ci vollero anni perché tornasse tra noi l’affetto di un tempo. Ed è questo che non perdono alla cultura di cui si stava nutrendo una parte della mia generazione, il boato di faziosità in cui era caduta. Bastava una parola che fosse loro sgradita e si rompevano amicizie di cui avresti detto che erano incise nel marmo. Ricordo una a una le parole che avevano cominciato a usare nei miei confronti, le parole con cui mi definivano. Ivi comprese quelle di una ragazza bionda cui avevo talmente tenuto nei miei vent’anni.

 

 

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