Mario Botta - foto LaPresse

Terrazzo

Gita a Mendrisio con archistar

Michele Masneri

Cosa è una scuola di architettura oggi? Fino al 30 giugno, nel Teatro dell'architettura, è disponibile il progetto curato dalla comunità accademica durante quest'ultimo anno 

Rinnovando l’antico e salutare rito arbasiniano della gita a Chiasso, continuando per meno di dieci chilometri si arriva a Mendrisio, paese natale di Mario Botta che qui ha fondato nel 1996 l’Accademia di architettura, parte dell’Università della Svizzera italiana di Lugano. Aurelio Galfetti, compianto architetto ticinese nonché primo direttore dell’Accademia, si è sempre definito un abitante della città-Ticino, quella cioè che va da Lugano a Milano con Como e Varese nel mezzo e una frontiera praticamente sempre aperta.

 

Nel Teatro dell’architettura, ultimo tassello del campus dell’Accademia, è aperta fino al 30 giugno “La scuola di Mendrisio. Un progetto”, a cura di Marco Della Torre e del nostro Manuel Orazi, che presenta il lavoro prodotto collettivamente dalla comunità accademica durante l’ultimo anno ma è soprattutto l’occasione per riflettere su cosa sia una scuola di architettura oggi. L’inizio infatti è dedicato ai modelli didattici contrapposti dell’École des Beaux-Arts (modello aristocratico e accademico, anche per signore di buona famiglia, come la prima architetta di California Julia Morgan) e del Politecnico (per maschi alfa, militare e scientifico), tuttora molto diffusi in Europa e non solo. Nel ’900 la Bauhaus, fondata da Walter Gropius e chiusa dai nazisti nel 1933, portò a una riforma modernista che è stata il punto di riferimento obbligato per tutte le sperimentazioni didattiche del dopoguerra.

 

La Hochschule für Gestaltung di Ulm di Max Bill e Tomas Maldonado tentò di rinnovarne lo spirito nella Germania democratica, mentre altre esperienze significative e  contrapposte sono state quelle giocate sugli assi Firenze-Londra e Venezia-New York. Da un lato dunque la Facoltà fiorentina diretta da Leonardo Ricci e la scicchissima Architectural Association londinese di Alvin Boyarsky, interdisciplinari e con un ruolo molto attivo degli studenti; dall’altro lo Iuav diretto da Carlo Aymonino e l’Institute for Architecture and Urban Studies diretto da Peter Eisenman, oggetto di una specializzazione disciplinare e metodologica. Lo stesso Eisenman (ganzo novantunenne) con la moglie Cynthia Davidson, direttrice della rivista  “Log”, hanno visitato la mostra a sorpresa la scorsa settimana. L’Accademia di Mendrisio ha scelto un modello intermedio, per cercare di formare un architetto generalista, secondo il motto di Ludwig Mies van der Rohe “Non gli impartiamo soluzioni, ma cerchiamo di insegnare agli studenti i mezzi per risolvere i problemi” (grande inventore di motti, Mies). A conferma dell’importanza e della centralità del progetto di architettura nel percorso formativo dell’Accademia, oggi diretta da Walter Angonese, al secondo piano sono in mostra i progetti: da quelli dedicati all’housing per le abitazioni individuali e collettive a quelli per all’architettura a scala territoriale, da quelli per progettare il riuso del patrimonio esistente a quelli  portatori di valori all’insegna del “internazionalismo critico” come le irlandesi Grafton Architects, lo svizzero Valerio Olgiati, il belga Kersten Geers, la catalana Eva Prats e il portoghese Manuel Aires Mateus (come il rosé).

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  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).