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Dall'anno prossimo Smart solo elettriche

Michele Masneri

Come reagiranno i romani? Autobiografia e avventure di un simbolo della capitale (a quattro ruote)

Non saranno i pini cascanti né le metropolitane frananti a far cadere la giunta e il morale dei romani; un evento molto più epocale sta per abbattersi. Dal 2020 infatti non ci saranno più le Smart. O almeno: non le classiche a benzina e a gasolio. Da settembre cesserà infatti la produzione delle Smart tradizionali ed entreranno in vigore quelle solo elettriche. Ecologiche, silenziose, con tutto un sistema ingegnoso di caricatori nei principali garage e autorimesse, e spinotti casalinghi. Molti bonus per chi darà la sua vecchia auto in cambio di una Smart elettrica, ma rimane il dubbio su come faranno i romani, non proprio degli avanguardisti dell’ecologia, in difficoltà già con la differenziata e con la cartaccia davanti all’uscio. Di sicuro sarà difficile uguagliare le cifre dell’epoca d’oro dell’idrocarburo: con centocinquantamila Smart vendute, dicono alla casa produttrice, una praticamente ogni venti abitanti, Roma è il primo mercato al mondo per la macchina inventata 30 anni fa dall’immaginifico Nicholas Hayek, che aveva già fatto lo Swatch e voleva fare una macchina piccola e intelligente.

 

La propose prima alla Volkswagen che non capì, poi alla Mercedes, e nacque così il progetto Swatch Mercedes Art (Smart, appunto). La versione iniziale doveva già essere elettrica, ma era troppo presto. Il primo concept fu presentato nel 1996 e l’anno successivo arrivò finalmente sul mercato, insieme ai primi scazzi tra l’immaginifico e la pragmatica Mercedes (finì che la Mercedes si comprò anche le sue quote). Nasceva equipaggiata dei più moderni sistemi (l’Esp per evitare gli alci come era successo alla classe A, ma adesso servirebbero attrezzature contro gabbiani giganti e cinghiali, e tetti rinforzati per la caduta arbusti). E’ diventata parte dell’onomastica e toponomastica romana: c’è “il cimitero delle Smart” (un curvone fuoriasse che dal Colosseo porta alla Fao), c’è la Smart del Cecato, quella su cui viaggiava Carminati (modello Brabus, la preferita a Roma Nord). C’è anche “Kamasmart -Le dimensioni non contano”, manuale ideato da due millennial romani, Lorenzo Coltellacci e Guido Astolfi, per far sesso in quel simpatico abitacolo (crasi tra Kamasutra e Smart). Quanti ricordi, la Smart: ne aveva una Smart Gianni Boncompagni (gli si fermò, qualche anno fa, dopo una cena, lo si aiutò a farla ripartire, lui col suo tutone, e le ciabatte, in fondo ai canyons di Monti Parioli, fu l’ultima volta che lo si vide). Ma ai Parioli allignano le bande specializzate che smontano le Smart rubandone ruote e cruscotto. Giulia Bongiorno (oggi ministro per la pubblica amministrazione) fu fotografata da Umberto Pizzi a bordo di una Smart con Sandra Carraro all’uscita di una cena da Maria Angiolillo, a piazza di Spagna. E le Smart compaiono nelle intercettazioni: “Me dovete da’ ‘sta Smart e io te dò questo e quello”, dicevano dei nastri relativi a traffici di case popolari.

 

Antonello Venditti ci ha ambientato tutto un romanzo, nella Smart (siamo sempre ai pini di Roma, non se ne esce). “Nella notte di Roma” è un lungo giro in auto per la capitale, in cui il narratore dialoga proprio con la sua auto, tipo Moravia in “Io e lui”. Però qui il dialogo è più monocorde e c’è incomunicabilità: (“Siamo nel pieno dell’imbuto, siamo nell’inferno dell’automobilista”, balbetto mentalmente alla Smart, ma lei non può rispondere, “del resto parla tedesco”).

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