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Mediasetpolitik
Si parte alti e si finisce nel retequattrismo. Realpolitik, il nuovo capolavoro tv di Pier Silvio Berlusconi
Tommaso Labate, reclutato per nobilitare l’informazione Mediaset e inseguire La7, viene travolto dalla solita ricetta del retequattrismo. Tra pressioni, “commissariamenti” e ospiti improbabili, l’audience crolla al 2,8 per cento e il rischio è che a sporcarsi non sia il programma, ma l’idea stessa di rinnovamento
Forza Italia si tenga Tony Tajani: con la cura di Pier Silvio Berlusconi rischia di crollare al 2.8 per cento. Vi raccontiamo il nuovo esperimento informativo Mediaset. E’ Realpolitik di Tommaso Labate, ed è una prova ulteriore di come si manda a sbattere un talento, per cucinare, alla fine, i soliti straccetti di retequattrismo: carne da cannone, sorrisi finti e cronacaccia.
Per inseguire La7 di Urbano Cairo, per riverniciarsi ancora e spiegare al mondo (in Germania) che Mediaset è una televisione aperta (a sinistra), viene reclutata una firma politica come Labate. E’ un volto nuovo, brillante, scrive sul Corriere della Sera, ed è perfetto per la prima serata. E’ così talentuoso che Mediaset gli propone di tutto. Vuoi l’assunzione? Ti assumiamo? Vuoi la tua squadra? Te la diamo. A Mediaset hanno un debole per Giovanni Floris, per il suo Di Martedì, il Di Martedieska, di La7, solo che Labate ha ben altri maestri. La sua missione, per ordine di Pier Silvio, è assemblare una trasmissione alta, di politica, che schiaccia l’occhio alla sinistra. Labate strappa a Fabio Fazio l’autrice Paola Natalicchio, già firma dell’Unità, ex sindaco di Molfetta. Non basta. Dato che l’ossessione di Mediaset è Floris, Di Martedieska, Labate chiama l’autore di La7, Lello Fabiani (inciso, per imitare La7 si copiano pure gli applausi in sala). Il progetto Realpolitik è così importante che Mauro Crippa, il direttore dell’informazione Mediaset, detto Oppenheimer, il distruttore di mondi (e di programmi) scatena i migliori inviati, autori della rete. Non è sufficiente. Serve irrobustire ancora. Vengono chiamati come consulenti del programma altri giornalisti della carta stampata.
A Mediaset, così come in Rai, quando si coinvolge un giornalista di quotidiano lo si coinvolge con un duplice obiettivo. Primo: se è bravo, bene, ma se scrive di televisione è meglio. Secondo: se scrive di televisione, lo mettiamo in squadra, e smetterà di scrivere di televisione. Si continua a dire che la carta è finita, che la parola è stanca, ma carovane di editori temono blog sgangherati dove si scrive di dentiere e palinsesti. Sono piccoli espedienti per tutelarsi solo che poi resta l’auditel. Il programma di Labate parte con le grandi interviste a sinistra, da Schlein a Veltroni. La scelta della messa in onda è delle più spericolate. Si decide come serata il mercoledì sera, la serata feudo, per anni, di Mario Giordano. Si passa dalle zucche spaccate di Giordano alla pulizia di Labate. L’obiettivo è raggiungere il 4 per cento, lo sbarramento, obiettivo alla portata di Labate se solo lo si lasciasse lavorare con serenità. E invece no. Dopo la prima puntata arriva il suggerimento (è di Pier Silvio e Crippa-Oppenheimer esegue) che il programma deve essere “sporcato”. A Mediaset, Los Alamos, quando si dice “sporcare” significa retequattrismo puro. Due anni fa venne chiusa la trasmissione di Augusto Minzolini (fu il Cav. ad affidargliela prima di morire) e la ragione era sempre la stessa: aveva provato ad alzare il livello in una tv invasata.
Per “sporcare” Realpolitik viene delegata, come “commissaria”, l’altra vicedirettrice Mediaset, Siria Magri, la vice di Crippa con “pieni poteri”. Chi la conosce bene è Nicola Porro, e ci fermiamo qui, perché altrimenti si drizzano i capelli … Immaginate il povero Labate che in cuffia deve sentirsi la commissaria Magri oltre alla sua autrice fidata Natalicchio. Il programma si “sporca”, ma gli spettatori sono come il sobrio alla quinta pinta di birra. Non si capisce più nulla. Si invitano Iva Zanicchi, Flavio Briatore. Il 28 ottobre, Labate apre con l’intervista al direttore de La Verità, Maurizio Belpietro. Il programma sprofonda al 2.8 per cento e non è colpa né di Belpietro né di Labate. L’autrice Natalicchio si dimette. Labate chiede di tornare all’antico, di riprendere in mano la sua trasmissione. Si ripristina il modello precedente ma si continua a “sporcare”, quanto basta. I tormenti della sinistra, del Pd, vengono mescolati con la storia della casa nel bosco. Si ripete la solita storia. In passato era stato chiamato Gerardo Greco a dirigere il Tg4 (ed è finita con una storica buonuscita). L’anno scorso si è affidato il pomeriggio di Canale 5 a Mirta Merlino, strappata a La7, sempre con l’idea di nobilitare un palinsesto. Greco lavora oggi a La7, Merlino fa l’ospite Mediaset (a Mediaset).
E’ la tecnica dello sporcare, ma chi si sporca? Mediaset o Labate che sperimenta? Non c’è morale, se non questa. Urbano Cairo voleva somigliare a Silvio Berlusconi mentre oggi Pier Silvio vuole una televisione che somigli a La7 di Cairo. Forza Italia si tenga stretto Tajani. Meglio Tajani, l’originale, che saltella con la panza dell’editore che vuole copiare la copia della copia.
la controfferta