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La serie “Supersex” è una ricerca dolorosa sull'identità maschile
Un viaggio emotivo nella mascolinità tossica, l’esibizionismo, l’aggressività, il corpo a corpo con la morte. Non solo merito di Alessandro Borghi: dietro c’è la testa di una donna
Chi l’avrebbe mai detto che avremmo ritrovato un romanzo di formazione in una serie sulla vita di un’icona hard. Dimentichiamoci I turbamenti del giovane Torless di Musil o Sulla strada di Kerouac: la serie di Netflix Supersex presentata alla Berlinale 2024 è infatti “liberamente ispirata” a Rocco Siffredi, il numero uno del grande mercato del porno. Certo non è facile accettare che la percezione della seduzione maschile, morti definitivamente i miti libertini di Don Giovanni e Casanova, si misuri con quella di un pornodivo. O forse è una sfida che apre nuovi e liberi accessi alle fantasie sessuali, cosa non usuale e non accettata, visto lo scandalo che aveva suscitato Emanuele Carrère con la lettera erotica inviata alla sua compagna direttamente sulle pagine di Le Monde, in cui rivelava il suo rapporto con la pornografia come ricerca di riconoscimento. Ma la grande sorpresa di questo film è che non ha come obiettivo quello di parodiare il porno, anzi. Per questo ha deluso qualche osservatore, almeno quelli che si aspettavano molto di più dal punto di vista voyeuristico. Chiariamolo subito, perché chi ancora non l’ha visto non ne rimanga deluso. E’ un film sulla potenza del sesso, ma lo fa con un doppio salto mortale: comunicare erotismo dribblando la meccanica seriale del porno che di solito lo mortifica. Il sesso, quando arriva, ha un senso e una sua estetica. Da questo punto di vista è un film casto. Le simulazioni degli amplessi sono curate performance che si rifanno ai canoni estetici della fotografia di moda, alla carnalità anni Ottanta, allo stile finto iperrealista di La Chapelle. Corpi nudi, muscoli e seni, gli orgasmi a scandire i tempi, ma tutto in una geometria controllata, con un uso sapiente delle luci e l’attenzione portata ai volti. Molto décor e costumi, sesso di gruppo come ordinate coreografie sui divani o in lussuose piscine. Le riprese fatte da una troupe amicale dove tutti si conoscono, a cui il nostro Rocco dice: “Dài, al lavoro”. E nel film infatti l’ambiente dell’industria porno, anche se onnipresente, è il meno invadente, quasi te ne dimentichi.
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