La Rappresentante di Lista, tra i concorrenti del Festival di Sanremo 2021 (foto LaPresse)

 Ma quindi Sanremo aveva senso d'esser fatto? Sì. Un recap ragionato

Manuel Peruzzo

Dal silenzio della platea, alla vittoria dei Maneskin e allo show di Orietta Berti, fino alle parole appesantite dei monologhi, passando per il gender fluid e infine i dati dello share, che sono importanti ma non così tanto, soprattutto ora

Avevano promesso: se vestimo, se truccamo, annamo e spaccamo tutto. E così hanno fatto i Maneskin (ManuelSkin per i fan di Agnelli, Naziskin per le bimbe di Orietta Berti), i rocker pantacalzati che prendono a calci i portoni dimenandosi con ”Zitti e Buoni”, canzone arrabbiata che dialoga nel titolo con “Fai rumore” di Diodato (decidetevi, noi ubbidiamo). Credevamo tutti di veder piangere Fedez e invece ha pianto Damiano, perché il paese è reale, e li ha premiati con il 53,5% al televoto. Vince il rock, la sessualità libera, il mascara, i corsetti (non so dirvi in che anno siamo, se nel futuro o nel passato). “Scusami ma ci credo tanto che posso fare questo salto”, canta Damiano. Non era poi così in salita la vittoria. Per quanto riguarda quest’edizione del Festival, andiamo per punti.

 

IL SILENZIO

 

“Il finale me lo ricorderò per sempre: il silenzio, solo quell’applausetto registrato, pure basso e poco intenso”, Fiorello.

“La musica è in primo luogo nel mondo che ci circonda, in una macchina per scrivere, o nel battito del cuore, e soprattutto nei silenzi”, John Cage.

 

Sanremo inizia ogni sera con un logo, una scritta e una bugia: il brusio di una folla in attesa dello spettacolo. Però non c’è nessuno a parte chi ci lavora e non può sedersi sulle poltrone (chissà in quale punto delle 75 pagine di protocollo c’è scritto che i musicisti con Durdust sul palco non potevano stare seduti). Ci hanno provato coi palloncini, con le risate taroccate, con l’orchestra, ma non c’è stato nulla da fare: Sanremo non è San Siro, una partita la puoi giocare senza la curva che tifa o gufa, un Sanremo senza Alba Parietti in prima fila sembra una corsia d’ospedale, ed è difficile tenere il ritmo, prendere le misure e sintonizzarsi col pubblico se quel pubblico è solo una spia rossa. “Vi auguro tutto il pubblico, ma deve andare malissimo. Ve lo auguro con tutto il cuore: perché se c’è il pubblico vuol dire che le cose sono andate benissimo”, ha detto Fiorello che non se la prende mai, come Tiziano Ferro.

 

I DATI D’ASCOLTO

 

“Avevo aspettative su chissà che risultati
Ma erano tranelli”, Ghemon

 

L’auditel? Che volgarità, va dimenticato perché la gente è triste, praticamente in guerra, e non si può comparare questa con altre edizioni, dice Stefano Coletta. Vero. Però, aggiunge, sui social andiamo fortissimi, meglio degli altri anni, siamo stati bravissimi. Un grande successo espresso in percentuali e supercazzole, con l’esperto social che ti dice “il sentiment è positivo”, e son tutti sorpresi. In realtà Sanremo va considerato anche coi dati d’ascolto perché sennò i prossimi anni non hai i soldi manco per invitare un cane di Lady Gaga, però è vero che non ha senso ostinarsi solo su curve e picchi per capire com’è andato il Festival.

 

LE NORME DI SICUREZZA

 

“Potevi fare di più”, Arisa

 
Sono partiti col carrello dei fiori bolliti, hanno proseguito baciandosi il pugno prima di darselo e consegnare fiori e cartoncini precisando “ho appena fatto il tampone”, finendo con l’abbracciarsi sul palco e dandosi baci francesi delivery. Come tutti noi quando torniamo in ufficio o vediamo i parenti. In conferenza stampa, per esempio, stavano sempre tutti con la ffp2, puntualmente rimossa per rispondere alle domande (che è sicuramente il modo migliore di usarla). Sanremo è lo specchio del paese: potevano cantare con la mascherina sul mento, la Vanoni col naso di fuori, Lauro con la mascherina trasparente. Inspiegabile quest’aumento di contagi.

 

LE DONNE

“Sanremo è quasi peggio delle bombe”, Giovanna Botteri

 

Hanno il repertorio migliore (scritto da uomini, va detto: Ruggeri, Fossati, Bindi). Si sono prese la scena. Sono state brave e, ciò che più conta, si sono divertite.

 

I MONOLOGHI

“Quando ho avuto la sensazione di non essere stato capito ho sempre pensato di essere stato io a sbagliare”, Lucio Dalla

 

Uno strazio inevitabile. Perché per quanto siano momenti trash (nella formula di Labranca: intenzione - risultato ottenuto = trash) sono anche attesi dallo spettatore. Ci si divide in chi detesta la retorica e il ricatto dei buoni sentimenti, e chi invece ha bisogno di sentire parole che arrivino chiare e lo rassicurino: io non sono la mia malattia, includiamo i disabili, denunciamo le violenze sulle donne, e così via. Viviamo in tempi crudeli. Non solo perché l’unico ad aver visto Ibrahimovic mezzo nudo è Fiorello e non s’è portato un cameraman, ma perché, come forse saprete, c’è una pandemia che ci rovina un tantino l’umore. E non si può non dedicargli due parole. E quelle parole sono quasi sempre fuori tono o di troppo.

 

IL GENDER FLUID

“Sarò sessualmente tutto”, Achille Lauro

 

La mascolinità non è più tossica, almeno a Sanremo: l’unico uomo senza smalto è Ibrahimovic. Forse Umberto Tozzi, ma non ci giurerei. Achille Lauro non è più un pesce fuor d’acqua, è diventato l’acquario. Forse ve lo siete persi, ma lo si accusa di queerbaiting, cioè di appropriazione indebita di frociaggine. Per la vecchia guardia, dirsi gay è rivelare il vero sé, quindi non capiscono Mahmood quando confessa che il coming out è superato (perché se ti consentono di salire su un palco in gonna e ti danno i fiori, e tutti si baciano e indossano abiti bizzarri, mancano le condizioni per un closet: lì l’etero non è default).

 

Un tempo col coming out si autoaffermava la propria identità, ora si tenta di negare l’omosessualità degli altri. L’unico modo di distinguere Aiello da Mahmood o Lauro dai Maneskin è dichiararsi orgogliosamente gay per poter dire che gli altri non lo sono, tracciare un confine. La commercializzazione del gay, però, non l’ha inventata Sanremo. Una storica addetta stampa americana di Bowie ai tempi della MainMan disse: “Vendiamo il culo di David come Nathan’s Famous vende gli hot dog”, lui lo sapeva e per un po’ giocava a fare il bisessuale interpretando un personaggio. E va bene così.

 

LE PAROLE

Il verso che meglio ha spiegato il festival forse è “Metti un po’ di musica leggera. Nel silenzio assordante/Per non cadere dentro al buco nero” di Colapesce/Dimartino, perché come ha detto Fiorello, “capisco che ci siano persone tristi che vogliono vedere tristezza, ma ce ne sono altre, milioni, che vogliono vedere anche allegria”. Max Gazzè ha cantato dell’impotenza curata coi fiori di Bach, Fulminacci delle telefonate in banca: “Voglio che mi guardi e poi mi dici che domani è tutto a posto”, altri di lockdown, molti d’amore. Quindi Sanremo aveva senso d’esser fatto? Sì. Perché come ha detto Elodie non bisogna sempre sentirsi all’altezza delle cose, l’importante è avere il coraggio di farle, ma siccome siamo l’Italia dei sussidi, finiamo a credere in quel verso dello Stato sociale: “Ma che senso ha? Volere sempre troppo, Pagare tutto il doppio E godere la metà?”.

 

LE VOCI

 

Random per difendersi dalle accuse di aver steccato ha detto: "Io studio canto da neanche sei mesi". Molti hanno usato l’autotune (quanto siano stonati e quanto sia una scelta stilistica lo si vedrà), intanto Orietta Berti dà lezioni: ha spiegato a Fedez che prima d’ogni esibizione si mangia un peperoncino per pulire le corde vocali.

 

ORIETTA BERTI

“Il punk è senza regole, il punk è casino”, Achille Lauro

 

Da Cavriago all’infinito. La vera rockstar indiscussa di quest’edizione: inseguita dalla polizia mentre violava il coprifuoco per cercare la sarta, entra in scena senza far le scale avvolta in tuniche psichedeliche, ha candidamente ammesso che la canzone che hanno scelto era la più brutta tra quelle che aveva inviato, ha allagato l’albergo mettendo i fiori nel lavandino e lasciando l’acqua aperta (peggio dei Marilyn Manson). Se non ci fosse stata lei, non avremmo saputo come riempire le cronache di costume. La nostra Mariah Carey.

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