Matteo Salvini a Dritto e Rovescio nel settembre 2019 (LaPresse)

Finalmente i talk-show senza applausi

Redazione

Ora che tutto cambierà, è meglio imparare a farne a meno. Ed è un bene

Tornare indietro, al tutto come prima, sta diventando impossibile. Ovviamente ci riferiamo agli applausi nei talk-show. Ci siamo abituati alla loro mancanza e al silenzio, spietatamente dilatato dai tempi dei collegamenti online, che segue – come laconico commento – alle frasi più sentenziose o ai crescendo polemici o, peggio ancora, ai tentativi imperfetti di battuta o di arguzia. I conduttori, soli o poco accompagnati, si stanno adattando. Piano piano capiscono alcuni, capiscono meno altri, qual è il trucco.

 

Forse dovrebbero cercare online qualche vecchia esibizione di Michele Santoro, grande nella gestione dei silenzi, dove rivelava tutta la sua voglia non espressa di teatralità (altro che applausi), ma potrebbe bastare anche un po’ di osservazione del silenzio declinato in tono minore da un Maurizio Mannoni. Se Santoro era il maestro del silenzio che enfatizzava, Mannoni va studiato per il silenzio che diminuisce, che spoetizza.

 

Comunque non abbiate paura di quel mezzo secondo senza parole. Appena passa la piccola paura del vuoto si apre un mondo di reazioni umane, perfino intelligenti. Alla battuta, all’esplosione di ira, all’invettiva, si potrà rispondere, in studio, con un’altra battuta, un’esortazione alla calma, un sostegno. L’applauso spegneva tutta questa possibile esibizione di acume e di empatia. Portava via o meglio pareggiava, come una poetica livella contenutistica, qualunque affermazione e qualunque atteggiamento. Perché era un applauso standardizzato, assistenziale. Da tempo aveva perso vitalità, ingoiato nel sotto-autorato televisivo. Si percepiva che era estorto ai poveri plaudenti assoldati, lo si capiva perfino dal suono, con un fondo di rabbia invece che di entusiasmo. Negli applausi caldi e affettuosi c’è sempre una rapidissima ma percepibile crescita dal primo, singolo, schiocco di mani a qualcosa di corale, ma disordinato, e c’è sempre una specie di retroguardia, con un di più di affetto, a riportare gradualmente al silenzio. Nell’applauso da talk c’era sempre, invece, un unisono sciocco e una chiusura secca, liberatoria. Facciamone a meno, ora che tutto dovrà cambiare.

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