 
                Foto Epa, via Ansa
Cose dai nostri schermi
OpenAI, dal sogno etico al potere dell'intelligenza: l'ultima metamorfosi di Sam Altman
Nata per sviluppare un’intelligenza artificiale al servizio dell’umanità, è oggi una società a scopo di lucro. Dalla sfida a Google alla partnership con Microsoft, la sua evoluzione segna il passaggio dall’utopia etica al nuovo capitalismo dell’intelligenza
Quale storia sta raccontando OpenAI di se stessa? E soprattutto, come potrebbe evolversi il suo arco narrativo? È una domanda importante perché questa settimana l'azienda ha finalmente concluso il complesso processo di trasformazione da organizzazione non profit a società for profit, a scopo di lucro. Un passaggio atteso e discusso da tempo, che rappresenta solo l'ultimo capitolo di una mutazione iniziata anni fa.
Per capirla, bisogna tornare al 2015, quando OpenAI venne fondata come organizzazione non profit e con l'obiettivo ambizioso e nobile di favorire lo sviluppo di un'intelligenza artificiale "friendly", e cioè amichevole nei confronti dell'umanità. Tra i fondatori c’erano Sam Altman, attuale CEO, Elon Musk e Reid Hoffman, tutti imprenditori tecnologici accomunati da enormi risorse finanziarie e da una preoccupazione in comune: Google.
Google aveva da poco acquisito DeepMind, il prestigioso centro di ricerca londinese sull'intelligenza artificiale, e stava consolidando una posizione dominante anche nel settore delle AI. Per i fondatori di OpenAI, il rischio era chiaro: la stessa azienda che si era mangiata il web non poteva essere lasciata libera di controllare anche una tecnologia tanto potente e delicata. l timore era che le pressioni del mercato spingessero Google ad abbandonare ogni cautela nello sviluppo di questi sistemi, sacrificando la sicurezza e provocando così la fine del mondo (sembra la trama di un vecchio Urania ma era davvero la preoccupazione alla base di OpenAI).
Negli anni successivi Musk tentò di prendere il controllo dell’azienda e fu estromesso da Altmane, mentre Google inventava il Transformer, la tecnologia che costituisce il fondamento dei modelli linguistici più avanzati. Con l’uscita di scena di Musk, però, OpenAI perse anche i suoi fondi e fu costretta a cercarli altrove: per riuscirci, fu creata OpenAI LP, una divisione ibrida della società, pensata per operare tra non profit e società a scopo di lucro.
Una mossa necessaria per la sopravvivenza di OpenAI, ma anche la prima vera crepa nell'impianto ideologico originario. Microfost entrò in scena con la prima tranche di investimenti nella società, dando inizio a un rapporto di collaborazione per cui, secondo l’accordo di questi giorni, a Microfost spetta il 27% di OpenAI. Passano ancora gli anni: il 22 novembre del 2022 OpenAI mette online ChatGPT, chatbot basato sul modello linguistico GPT-3.5. Il resto lo sappiamo.
Per quanto possa sembrare strano oggi, nessuno all'interno dell'azienda riponeva grandi aspettative in questo prodotto, il che forse spiega le reazioni scomposte al suo successo. L'impatto iniziale fu immediato e dirompente: Microsoft intensificò subito gli investimenti sulle AI, Google attivò procedure di emergenza temendo per proteggere il suo buiness, e OpenAI si ritrovò improvvisamente al centro dell'attenzione globale.
Nel frattempo la sua struttura “ibrida” rendeva il tutto molto instabile.L'episodio più emblematico di questa schizofrenia fu il tentativo di licenziare Sam Altman da parte di alcuni membri del board, richiamandosi proprio ai valori originari di trasparenza e attenzione al bene collettivo. La crisi, si risolse rapidamente con il reintegro di Altman, ma dimostrò anche il contrasto interno tra le due OpenAI: quella degli inizi e quella che ha trionfato questa settimana.
Oltre a trovare nuovi investimenti, specialità in cui Altman è maestro assoluto, in questi anni OpenAI è cresciuta anche in termini di personale: secondo The Information, un dipendente su cinque di OpenAI proviene ora da Meta, portando con sé una cultura aziendale che poco ha a che vedere con gli ideali di una non profit.
E poi ci sono le scelte recenti alla base di prodotti come Sora, l’app per generare video con le AI, o la possibilità, per gli utenti maggiorenni, di generare e discutere contenuti “erotici”. Per non parlare della scelta di citare in giudizio delle non profit, colpevoli di essere critiche di OpenAI e accusate – senza apparente fondamento – di essere finanziate da Elon Musk, che oggi è nemico giurato di Altman. Tra queste figura The Midas Project, che quest’estate pubblicato online “The OpenAI Files", una raccolta dettagliata di documenti e dati sulla trasformazione dell'azienda. E i suoi rischi.
Vista da qui, a poco meno di tre anni dalla messa online di ChatGPT, della OpenAI iniziale è rimasto poco. Forse solo il nome.
 
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