
Foto Getty
regole e algoritmi
Quel complicato e intricato pasticcio chiamato AI Act
"Serve una revisione sostanziale dell'AI Act" dice la direttrice generale di Digital Europe, Cecilia Bonefeld-Dahl. "Queste normative incideranno non solo sulle aziende tecnologiche, ma sull’intera economia". Non esiste ancora una ricetta tecnica chiara per seguire le regole, "bisogna fare chiarezza"
“L’AI è ormai una battaglia geopolitica. Ma il successo non si misura solo con le leggi: dipende anche da dove le aziende decidono di costruire e operare. Se non restiamo attrattivi, perdiamo la sfida”. È l’avvertimento che lancia da Cecilia Bonefeld-Dahl, direttrice generale di Digital Europe, la principale associazione di categoria che rappresenta le industrie in trasformazione digitale in Europa.
Dal 2 agosto 2025, l’AI Act – prima legge al mondo pensata per regolamentare i modelli come ChatGpt, Gemini o Claude – impone nuove regole a chi sviluppa sistemi AI general purpose. Ma quali sono i principali cambiamenti per le aziende europee con questo nuovo quadro normativo? "Digital Europe ha chiesto il rinvio e una sostanziale revisione sia dell’AI Act che del Data Act. Queste normative incideranno non solo sulle aziende tecnologiche, ma sull’intera economia, compresi settori come la manifattura, la sanità e molti altri. L’AI è il motore principale della creazione di valore e della crescita futura. È fondamentale che il campo di applicazione sia ben definito e che si eviti l’attuazione prima che siano disponibili linee guida e standard adeguati", dice la direttrice Bonefeld-Dahl.
Tuttavia, contrariamente a quanto si credesse, le Big Tech si stanno adeguando. O quasi. Da OpenAI a Microsoft, da Google ad Anthropic, ventisei aziende hanno firmato il Codice di condotta europeo: un pacchetto di regole volontarie, ma molto utile per dimostrare che si è in regola. “Non è perfetto, ma è il miglior strumento che abbiamo oggi per aiutare le aziende a orientarsi”, dice Bonefeld-Dahl. Chi firma si impegna a essere trasparente sull’origine dei dati, rispettare i diritti d’autore e mettere in campo misure di sicurezza avanzate. Chi non firma invece non è fuorilegge, ma dovrà dimostrare in altro modo di essere conforme all’AI Act. “Firmare significa giocare di squadra. Ma anche chi sceglie strade diverse dovrà comunque rispettare gli stessi obblighi”, chiarisce Bonefeld-Dahl.
Tra i grandi assenti c’è Meta, che ha detto no al Codice di condotta europeo. “L’Europa sta sbagliando strada”, ha dichiarato Joel Kaplan, responsabile degli affari globali dell’azienda. Il motivo? Secondo Meta, le nuove regole sono troppo rigide e “soffocano l’innovazione”.
La Commissione Ue ha pubblicato anche un modello standard per rendere trasparente l’origine dei dati usati nell’addestramento dei modelli AI. Un aiuto per i fornitori e per i titolari di diritti, che vogliono sapere se e come le loro opere sono state utilizzate. Ma qui la polemica si riaccende. Le organizzazioni dei creativi europei (Ecsa, Gesac, Gema) denunciano che il copyright resta troppo fragile. “Il vero problema – dice Bonefeld-Dahl – è che la direttiva sul diritto d’autore del 2019 non è mai stata attuata come si doveva. Nessuno era pronto a gestire un’accelerazione così rapida dell’intelligenza artificiale. Ora tutti – artisti e sviluppatori – navigano nell’incertezza”.
Cosa succede ora? Il Codice è in vigore, ma le vere sfide arriveranno tra il 2026 e il 2027, quando anche i modelli già esistenti dovranno essere pienamente conformi. “Non esiste ancora una ricetta tecnica chiara per seguire l’AI Act – ammette Bonefeld-Dahl –. Anche quando arriverà, servirà tempo per applicarla. E non dimentichiamo che sempre più aziende usano modelli pre-addestrati, li modificano e li rivendono. Questo crea una catena di responsabilità molto difficile da gestire”.
In attesa degli standard tecnici (previsti non prima dell’estate 2026), l’Europa cerca di non perdere l’ennesima occasione nell’ambito dell’innovazione. “L’AI può essere il motore della crescita europea. Ma serve chiarezza, collaborazione e, soprattutto, coraggio. Ora è il momento di puntare su incentivi intelligenti, alleanze forti e mercati aperti. Solo così possiamo davvero guidare il futuro”, conclude la direttrice di Digital Europe.


Smuovere lo status quo
Nessuno mette Bing all'angolo
