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promesse tech infrante
Whatsapp cede alla pubblicità e rompe con la sua filosofia originaria "no ads"
Con l’arrivo di inserzioni negli stati e abbonamenti ai canali, la app di messaggistica si allinea alle strategie pubblicitarie di Meta. Il modello “pay or ok” però solleva accuse di violazione delle norme su privacy e concorrenza da parte della Commissione Ue
Whatsapp rompe uno degli ultimi tabù della Silicon Valley e cede al richiamo delle pubblicità. La promessa è durata quindici anni: "niente pubblicità, niente giochi, niente trucchetti". Ma ora l'app di messaggistica più utilizzata al mondo – oggi sotto il controllo di Meta – ha confermato ufficialmente che a partire dai prossimi mesi inizierà a inserire le inserzioni pubblicitarie in alcune sezioni. Inizialmente gli annunci compariranno nella sezione "stato", visibili tramite la scheda "aggiornamenti" e quindi mantenuti separati dalle chat personali. Oltre questo, verranno introdotti anche abbonamenti ai canali, che permetteranno a creatori, brand e piccole imprese di proporre contenuti esclusivi a pagamento e di promuoversi tramite feed sponsorizzati. Pur mantenendo la crittografia end-to-end per messaggi, chiamate e stati, Whatsapp utilizzerà comunque dati contestuali come posizione, lingua, interazioni e interessi per il targeting pubblicitario.
Questa scelta è stata giustificata dalla vicepresidente della messaggistica aziendale di Whatsapp, Nikila Srinivasan, come una "richiesta da parte di molte aziende". Ha poi spiegato che esiste ancora la volontà di "proteggere gli spazi personali degli utenti" e lasciare le conversazioni private libere dalla pubblicità.
È un cambio di rotta netto rispetto alla filosofia originaria dei fondatori Jan Koum e Brian Acton, che avevano lanciato Whatsapp nel 2009 proprio con il celebre mantra "No ads! No games! No gimmicks!”. L'acquisizione da parte di Facebook nel 2014 per 19 miliardi di dollari aveva già suscitato preoccupazioni sul possibile abbandono di questa posizione. Ma le prime voci sull'introduzione della pubblicità risalgono al 2023 – poi smentite dal capo della piattaforma Will Cathcart, che aveva dichiarato: "Non lo faremo". L’introduzione degli annunci consente ora a Meta di monetizzare uno degli ultimi spazi ancora privi di inserzioni nel suo ecosistema.
Ad aprile, il gruppo ha riportato risultati finanziari superiori alle attese, nonostante le preoccupazioni degli investitori per l’incertezza economica globale e le politiche tariffarie imposte dal presidente americano Donald Trump – che avrebbero potuto penalizzare l’attività pubblicitaria della società. Attualmente, Whatsapp conta oltre tre miliardi di utenti attivi mensili, di cui 200 milioni di aziende, e la sezione "stato" attrae 1,5 miliardi di utenti al giorno e risulta di fatto il prodotto “storie” più usato al mondo.
Questa svolta crea interrogativi importanti in Europa, dove il Digital Markets Act (Dma) e il Gdpr richiedono il consenso libero e informato degli utenti per la pubblicità personalizzata e la condivisione dei dati tra servizi. Meta, secondo la ong Noyb – ong che si occupa dell'applicazione delle leggi sulla protezione dei dati – sta invece adottando un approccio “Pay or ok”: o accetti la profilazione pubblicitaria, oppure devi pagare per la tua privacy. Ovvero un modello che è stato già bocciato dalla Commissione europea perché rischia di limitare la reale possibilità di scelta degli utenti. Ancora una volta Meta segue quindi la strada tracciata dall'Amministrazione trumpiana e semplicemente ignora – così come fa il presidente americano – le norme dell'Ue, ritenendole in qualche modo "illegittime".
Questo modello – di introduzione degli ads – segue un percorso ormai consolidato nel settore dei social media. Snapchat, nato senza pubblicità, ha introdotto i primi annunci nel 2014; Twitter – ora X – che per anni aveva resistito, ha lanciato i “promoted tweets” nel 2010. Così come Reddit – inizialmente comunitario – ha aperto alla pubblicità dal 2009 e YouTube –nato come piattaforma gratuita – ha introdotto inserzioni già nel 2006 dopo l’acquisizione da parte di Google. Facebook stesso ha ampliato progressivamente il suo modello pubblicitario dal 2006 in avanti. E anche Telegram, sebbene con filosofia ancora fortemente “privacy first”, ha recentemente introdotto funzioni pubblicitarie nei canali pubblici.