ricordi telefonici

Le cabine telefoniche non spariranno. La loro versione 3.0 è un'operazione nostalgia

Andrea Trapani

Tim installerà nuove cabine digitali per far accedere in modalità touch screen a servizi e contenuti digitali, tra cui quelli di pubblica utilità. Una sorta di Tardis, la macchina del tempo di Doctor Who. Un modo come un altro per salvare un simbolo del recente passato e provare ad attualizzarlo

Da tempo le cabine telefoniche sono tappezzate da avvisi in cui si annuncia il loro smantellamento. Non ci facciamo nemmeno più caso, anni fa c’erano state alcune timide proteste ma sono scomparse assieme all’idea di fare una chiamata con qualcosa che non sia il proprio cellulare. Così, lo scorso agosto, quando l’amministratore delegato di Tim, Pietro Labriola, aveva informato che si stava andando verso il loro smantellamento entro il 2023, ovvero in anticipo rispetto al 2026, nessuno ha alzato la cornetta per lamentarsi: i numeri parlano chiaro, il traffico è tendente allo zero. I motivi per cui si è arrivato a questo sono tanti, impossibile riassumerli, si va dalla sociologia all’antropologia e tutti rappresentano un processo che riguarda tutta la modernità e il suo rapporto con la tecnologia.

Lo stupore ormai arriva per l’inedito, come quando Tim, la scorsa settimana, in controtendenza ai suoi stessi annunci, ha annunciato il (ri)lancio delle nuove cabine digitali per far accedere in modalità touch screen a una vasta gamma di servizi e contenuti digitali, tra cui quelli di pubblica utilità. Un deja vu, una sorta di resurrezione calata dall’alto.

  

L’intramontabile desiderio di trasformare il passato

L’idea di salvare il simbolo di un recente passato e restituirlo sotto una nuova forma al futuro non è certo un’idea nuova. Proprio l’ex monopolista, nel 2017, cercò di trasformare i telefoni pubblici abbandonati nelle città in una sorta di “City Link”, un totem digitale che forniva wi-fi pubblico e accesso ai servizi della smart city che sta nascendo. Inaugurati e rimasti lì. Non è colpa di nessuno, la storia studia i fatti del passato ed era facile prevedere che i nostri smartphone sono molto più veloci e comodi per sperare in una nuova vita per le cabine telefoniche. Era così allora, figuriamoci oggi. Senza dimenticare che la storia della telefonia pubblica nel nostro paese è stata breve ma intensa: la prima installazione italiana arrivò solo nel dopoguerra, nel 1952, in Piazza San Babila a Milano, con decenni di ritardo sulle esperienze di Londra e del mondo occidentale dell’epoca.

 

Un viaggio (impossibile) nel tempo

Le stazioni "intelligenti" immaginate da Tim sembrano assomigliare al Tardis, la macchina del tempo utilizzata in Doctor Who; nella longeva e fortunata serie tv, “il Dottore” usava una cabina del telefono blu – quella della polizia britannica negli anni sessanta – per viaggiare nello spazio e nel tempo. Sarà per il colore e per il design, ma le nuove cabine che vogliono diventare una vera e propria ‘stazione digitale’ per i cittadini hanno un avversario più potente delle leggi della fisica: i cittadini stessi. Il futuro è già nelle nostre mani: i servizi di infotainment, i pagamenti digitali e pagamento, le chiamate gratuite verso numeri fissi e mobili nazionali non li cerchiamo per strada visto che li abbiamo letteralmente in tasca.

 

Chi ha ucciso le cabine telefoniche

Lo smartphone è stato il killer della telefonia pubblica. La telefonia mobile è cresciuta velocemente ma con tutti i passaggi necessari per realizzare una specie di "delitto perfetto" del vecchio mondo: prima ha introdotte le telefonate, poi gli sms, infine il traffico dati e con questo è arrivato il telefonino perfetto per ogni situazione. Dal primo iPhone in poi era chiaro a tutti che il destino e il fascino di quelle installazioni, presenti in ogni piccolo centro del nostro paese, era segnato: vuoi per la scomodità del gettone, peggio ancora con le prime card a banda magnetica, insomma si stava aspettando solo di fissare una data nel calendario per scrivere la parola fine. Si è chiusa così un’epoca ed è un bene: se le cabine telefoniche non sono più un presidio sociale significa che l’accesso alla rete mobile è diventato veramente universale. Chiunque nel mondo può acquistare uno smartphone per poche decine di euro, la connettività minima costa poco più di un paio di colazioni al mese e la telefonia pubblica è rimasta solo come un vecchio arredo urbano. Qualche comunità ha adottato le cabine per dargli una nuova vita come librerie di prossimità, altri le hanno semplicemente tolte appena è stato possibile.

 

Il romanticismo che fu

Non ce ne vogliano i sognatori, ma le cabine telefoniche del futuro non si trasformeranno in uno strumento a disposizione dei cittadini come lo sono i nostri dispositivi quotidiani. Potranno integrarsi con la realtà (e le città), ma non saranno più protagoniste. Le lunghe code per telefonare a casa quando eravamo al mare rimarranno vivide nella memoria di chi le ha vissute, ma sarà impossibile vedere più di una persona davanti a questi (futuri) totem tecnologici. Se da un lato è da apprezzare la valorizzazione del patrimonio storico della telefonia pubblica tradizionale in corso di dismissione sul territorio nazionale, dall’altro bisogna accettare la contemporaneità. Anche perché questi nuovi oggetti tecnologici saranno ben ancorati alla realtà: l’avvio del progetto, infatti, coinvolgerà la città di Milano, dove saranno progressivamente installate circa 450 postazioni, mentre l’iniziativa si estenderà successivamente in altre 13 città italiane per un totale di circa 2.500 cabine digitali. Un numero modesto rispetto ai fasti del passato, perfetto per ricordarci dove eravamo.

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