Il sovranismo satellitare dell'Italia conta già 19.703 “biglie virtuali”

Giulia Pompili

Starlink e la corsa ai satelliti. Il progetto della Commissione europea, IRIS2. E la notifica del ministero della Difesa italiano del lancio in orbita bassa di una costellazione chiamata Ita-Leo di 19.708 mila satelliti. Un modo per assicurarsi le frequenze (prima di Germania e Francia?) 

Il ministero della Difesa italiano, la scorsa settimana, ha notificato alle autorità competenti il lancio in orbita bassa di una costellazione chiamata Ita-Leo di – tenetevi forte – 19.708 mila satelliti, quasi quattro volte l’attuale composizione di Starlink. Il problema è che sembra che nessuno, di questo gigantesco progetto, ne sappia granché. 

 


Se c’è una cosa che la guerra d’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha fatto, è stato riaccendere l’attenzione dei governi sull’industria aerospaziale e soprattutto su un settore specifico dell’industria aerospaziale: i satelliti. La politica americana di apertura alle aziende commerciali come Starlink di Elon Musk, nella cooperazione spaziale, ha mostrato i limiti del coinvolgimento – a volte lo strapotere – dei privati quando si tratta di questioni strategiche: Elon Musk può accendere e spegnere le comunicazioni critiche di una guerra, e questo è quantomeno rischioso. 

 


Da quasi due anni quindi è iniziata una specie di nuova corsa allo spazio e alle infrastrutture strategiche spaziali, di cui fanno parte anche i satelliti – non a caso l’altro ieri, tra le dieci tecnologie  inserite nell’elenco della Commissione europea per una revisione sulla sicurezza dentro all’Unione, ci sono anche le tecnologie spaziali, quelle per l’osservazione della terra, i sistemi di posizionamento globale e quelli che servono alla connettività nell’orbita terrestre bassa. 

 


Dove ci sono infrastrutture da costruire, ci sono soldi, e c’è competizione. Anche dentro ai confini dell’Unione europea: l’Italia è un paese con una grande tradizione nell’industria aerospaziale, un settore che il ministro della Difesa, Guido Crosetto, conosce bene, essendo stato in passato presidente dell’Aiad, la Federazione delle aziende italiane per l’aerospazio. E’ stato proprio lui ad annunciare, lo scorso anno, che l’investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza nel settore spaziale sarebbe arrivato a 7 miliardi di euro: “Serve una stabilizzazione delle politiche di settore, individuando il perimetro di azione della difesa per proteggere interesse nazionali dello spazio”. Interesse nazionale e interesse europeo, però. L’Italia è il terzo contributore dell’Agenzia spaziale europea, dopo Germania e Francia, e tra gli obiettivi del governo c’è quello di aumentare la sua influenza nelle infrastrutture strategiche spaziali europee – per ora però si parla giusto di una sede italiana per il quartier generale del GovSatCom, il programma dell’Ue per le comunicazioni. 

 


E’ così che si torna ai  19.708 mila satelliti registrati dal ministero della Difesa: un modo per “avere più biglie virtuali” nel momento in cui si giocherà, dice una fonte del Foglio che preferisce restare anonima. Anche perché, per ora, l’Italia non ha le capacità di costruire così tanti satelliti – basterebbe pensare a Iride, la costellazione made in Italy per l’osservazione terrestre che dovrebbe arrivare a poco più di 60 satelliti entro il 2026. Per fare un paragone, quel progetto costa 1,1 miliardi del Pnrr. “Questa richiesta del ministero della Difesa italiano per l’assegnazione di frequenze satellitari dalla Itu, la International telecomunications Unit, è una azione interessante, poco pubblicizzata”, spiega al Foglio Stefano Piccin di Astrospace. “E’ probabilmente un tentativo per possedere un asset sempre più strategico nello spazio: il permesso di utilizzo delle frequenze. Queste sono limitate, e per gestire migliaia di satelliti, servono tante frequenze”.

 

In Europa attualmente è attiva una sola costellazione satellitare in orbita bassa, la Eutelsat OneWeb composta da 650 satelliti, dice Piccin, ma nel frattempo “la Commissione europea sta puntando molto sul progetto IRIS2, una costellazione per telecomunicazioni teoricamente simile a Starlink, che sarà composta da alcune migliaia di satelliti. I contratti per la sua costruzione devono ancora essere assegnati, ma il 2024 sarà un anno chiave per il progetto”. Per un paese, quindi, “poter garantire frequenze per gestire migliaia di satelliti è un vantaggio non da poco. Lo dimostrano anche le applicazioni militari di Starlink, che ci hanno mostrato quanto anche un sistema di connessione internet dallo spazio presenti importanti applicazioni militari. Sia Francia sia Germania hanno presentato negli scorsi mesi richieste all’Itu con numeri simili, anche se non si sanno i dettagli”. 

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.