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Perché ostacolare il 5G è un problema per la competitività dell'Italia

Andrea Trapani

Il mercato nazionale del 5G, entro il 2025, può valere tra i 40 e i 200 milioni di euro. Servono però investimenti per dare la possibilità agli operatori di offrire soluzioni strutturate

La politica è il motore delle telecomunicazioni, un rapporto in cui nessuno dei due può fare a meno dell’altro. Gli equilibri sono difficili, specie nel nostro paese, dove da tempo le telco cercano di trovare una sponda per avere limiti elettromagnetici su valori simili a quelli degli altri paesi europei. Non è una questione secondaria, anzi è un passaggio necessario per lo sviluppo del 5G che, al momento, viene ostacolato più dalla legislazione che dalle difficoltà orografiche.

   

Se non bastasse, nei giorni scorsi, è scomparsa la parte relativa all’innalzamento delle soglie per l’emissione del segnale dalla bozza del ddl sulla concorrenza. Dietro le quinte si è parlato delle pressioni della Lega sul governo di cui fa parte, ma il 5G non può essere il terreno di una battaglia politica nazionale. Si parla di una realtà già affermata in tutto il mondo: secondo i dati GSMA, alla fine della scorsa primavera, 493 operatori in 150 diversi paesi stavano investendo nel 5G, compresi test, acquisizione di licenze, pianificazione, implementazione della rete e lanci. Sono già 205, invece, gli operatori che hanno lanciato i propri servizi commerciali in oltre 80 paesi: 108 di loro hanno effettuato investimenti nella rete 5G standalone, quella più performante ma che ha più bisogno di frequenze libere.

  

Non è il caso dell’Italia dove per l’accelerazione degli investimenti in copertura bisogna ancora incentivare la domanda di servizi, specie in un mercato che vive una profonda crisi di redditività. Le tariffe basse fanno felici i consumatori, molto meno i fatturati. Numerose ricerche - l’ultima quella dell’Osservatorio 5G & Beyond della School of Management del Politecnico di Milano - rilevano che il nostro paese da una parte è in linea col resto d’Europa, ma dall’altra va ancora a rilento nella progettualità 5G. Tuttavia i numeri sono importanti tanto che si prevede che il mercato nazionale del 5G, entro il 2025, possa valere tra i 40 e i 200 milioni di euro.

  

Cosa fare per massimizzare le risorse? Serve coprire bene il paese intanto: gran parte della copertura della rete è ancora in DSS, ovvero il 5G usa il 4G per la connessione. Insomma, per far sì che il mercato industriale raggiunga quota 200 milioni di euro, è necessario che gli operatori offrano soluzioni strutturate. Ad esempio, l'esposizione di funzionalità avanzate del 5G attraverso API comuni (le interfacce di programmazione delle applicazioni, ndr) consentirà agli operatori di sfruttare nuovi modi per monetizzare il 5G e di fornire rapidamente nuovi servizi su scala globale. La flessione dei ricavi, infatti, è una sfida per gli operatori di tutto il mondo, che spesso influisce sulle decisioni di investimento nella rete come parte delle strategie di crescita del business, note come "monetizzazione".

  

L’ultimo rapporto a cura di Ericsson Mobility Report ha evidenziato un trend positivo di crescita dei ricavi dall'inizio del 2020 nei primi 20 mercati 5G - che rappresentano circa l'85 per cento di tutte le sim 5G a livello globale - legato all'aumento della penetrazione degli abbonamenti 5G in questi mercati. Per questo bisogna rispondere alle necessità legate ai limiti d’emissione: si stima che l'aggiornamento dei siti 4G esistenti al 5G possa generare un aumento della capacità di 10 volte e ridurre il consumo energetico di oltre il 30 per cento, offrendo la possibilità di aumentare i ricavi e ridurre i costi, rispettando al contempo la sostenibilità. Il Governo italiano deve risolvere quanto prima la questione dell’armonizzazione dei limiti elettromagnetici perché, parole di Asstel, “da tempo ha caratterizzato un delta significativo tra l’Italia e gli altri paesi”. Bisogna correre per non rimanere indietro.

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