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La pirateria è un problema non solo per la Serie A. La cooperazione che serve tra Lega, telco e politica

Andrea Trapani

Luigi De Siervo ha ragione a dire che i contenuti piratati danneggiano il calcio italiano, ma le società di telecomunicazione non beneficiano di questo, sono anch'esse danneggiate. Arrivare a una soluzione del problema però è complesso

Cercando le parole, si trovano i pensieri. “Le telco hanno beneficiato di alti volumi di traffico, facilmente riconducibili agli orari delle partite”, ha detto ieri Luigi De Siervo nella sua analisi relativa alle difficoltà che il calcio italiano sta affrontando in questi anni. Una frase dirompente, capace di aprire un solco nei rapporti, già complicati, tra il mondo del pallone e quello delle tlc.

 

Nel suo accorato appello contro la pirateria che continua a minare la redditività della Serie A, l’ad della Lega ha toccato i nervi scoperti delle società di telecomunicazioni che, a loro volta, stanno vivendo un periodo di profonda crisi. Non a caso i due mondi condividono problemi simili, entrambi i settori sono sempre più in difficoltà nel coniugare i ricavi con la necessità di fare investimenti, tanto che appare paradossale vederli contrapposti nella stessa arena dietro all’accusa, tutt’altro che velata, di un “atteggiamento omissivo” nei confronti della pirateria online da parte degli operatori.

 

“Questo è troppo”, avranno pensato in Assotelecomunicazioni: è arrivata così la dura presa di posizione del presidente Massimo Sarmi che, dopo aver ricordato che da anni il settore interviene per bloccare la trasmissione illecita dei contenuti, ha respinto in toto le dichiarazioni dei dirigenti della Lega di Serie A. In tanti si sono schierati al suo fianco, a partire da Roberto Basso, direttore External affairs di WindTre: “Non servono competenze particolari per constatare che le tariffe di accesso a internet tramite linea fissa in Italia sono flat. In altre parole: al maggior traffico non corrisponde una bolletta più cara per l'utente ovvero maggiori ricavi per gli operatori. Che un cliente veda 1 o 10 partite, col ‘pezzotto’ o con un regolare abbonamento, non fa alcuna differenza per i ricavi delle compagnie telefoniche.” Anzi, un tema assai caro agli operatori in questi mesi è proprio quello relativo alla condivisione delle spese con gli over the top per il traffico sulle loro reti: “L'aumento del traffico - in particolare per eventi live con un'audience molto ampia - comporta l'incremento degli investimenti per il potenziamento degli impianti e delle spese di manutenzione da parte degli operatori”, conferma Basso. Il classico cul de sac che tiene tutti fermi. Se Lotito e De Siervo tirano da una parte, dall’altra è abbastanza chiaro che l’aumento esponenziale della fruizione di contenuti piratati, come sottolineato anche dall’Agcom, coinvolga entrambe le parti.

 

Come uscirne quindi? La politica cerca da tempo di mettere una pezza, ma la risposta del legislatore è troppo lenta rispetto al fenomeno. Durante la passata legislatura si sono registrate una serie di proposte di legge che hanno provato a creare una sorta di compromesso che avrebbe visto muoversi assieme fornitori di contenuti e operatori.

 

La migliore soluzione, a regime, sarà quella che permetterà il blocco dei contenuti “in tempo reale”. Tanto facile a dirsi, quando difficile a farsi. La net neutrality è una cosa troppo seria per essere banalizzata: gli operatori che dovrebbero applicare i blocchi vorrebbero farlo automaticamente solo su input dell’Agcom, evitando di assumere il doppio ruolo di fornitori e controllori della rete. Senza dimenticare che una soluzione del genere, in qualunque modalità venga attuata, costerebbe molto, alimentando ancora di più le tensioni sul tavolo tra governo, Parlamento, telco e detentori dei diritti. Dove tutti hanno ragione e nessuno torto. O forse no.

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