Foto Epa, via Ansa

E se Google, Apple, Meta, Amazon e Microsoft dovessero investire nelle reti a banda ultralarga?

Andrea Trapani

La situazione attuale vede gli Ott non pagare alcuna cifra, nemmeno simbolica, per l’utilizzo della rete. La Commissione europea sta pensando di lanciare una consultazione pubblica per valutare l'eventuale contributo degli Ott negli investimenti

Gli equilibri di internet potrebbero cambiare per sempre, almeno in Europa. Sta facendo discutere, infatti, l’anticipazione firmata Reuters sulla possibilità che la Commissione europea possa lanciare, già la prossima settimana, l’attesa consultazione pubblica per valutare l'eventuale contributo degli operatori di servizi Ott (i cosiddetti Over The Top) negli investimenti nelle reti a banda ultralarga. 

 

Una vera rivoluzione. La consultazione, che dovrebbe durare per circa 12 settimane, chiederà sia alle grandi società di servizi (come Meta o Netflix) che alle telco europee di fornire dettagli sui loro piani di investimento nelle reti di telecomunicazioni e nelle infrastrutture cloud.

 

Due fronti contrapposti

Un cambio di paradigma in linea con i piani dei vari regolatori europei che vogliono allargare il dibattito sulle spese da affrontare nello sviluppo delle reti tlc. Le antenne costano, la fibra pure e anche le nuove tecnologie che si basano sul cloud non scherzano. Non a caso, da tempo la stessa Commissione ha deciso di osservare ancora più da vicino le relazioni tra le Big tech e i gestori.

Un braccio di ferro che dura da anni, accentuatosi durante la pandemia quando il traffico dati è aumentato vertiginosamente. La situazione attuale vede gli Ott non pagare alcuna cifra, nemmeno simbolica, per l’utilizzo della rete. Ci sono valide ragioni che hanno portato, fin dall’inizio, a questa scelta: molte di queste aziende offrono servizi che senza internet non sarebbero disponibili o che sarebbero molto meno convenienti, quindi in un certo senso contribuiscono esse stesse a creare valore per gli operatori di rete. Inoltre, gli Ott spesso offrono servizi che competono con quelli dei gestori, quindi si è voluto evitare di fornire un vantaggio competitivo sul mercato.

Internet nel frattempo è cresciuta. Oggi tra gli Ott ci sono grandi società che offrono servizi di comunicazione online, come WhatsApp, TikTok o Netflix, che utilizzano una tale quantità di banda che potrebbero causare una congestione del traffico per gli utenti degli altri servizi.

Insomma, guadagnano e costano. Questa è l’accusa principale dal mondo delle telco contro le aziende dello streaming online e contro i Gafam, l'acronimo che racchiude le 5 maggiori multinazionali dell'It occidentale (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft).

   

“Un mercato inefficiente e insostenibile”, dice Tim

“I sei più grandi player digitali generano il 55 per cento del traffico in Europa, ma non contribuiscono in alcun modo alle infrastrutture che lo veicolano. Basterebbe questo a ricordarci come oggi il mercato della rete sia squilibrato, inefficiente, insostenibile per gli operatori di telecomunicazioni”, ha scritto nella giornata di ieri Pietro Labriola, ceo Tim, sul proprio profilo LinkedIn. Un dato che, dallo scorso maggio, quando fu diffuso lo studio realizzato da Axon Partners per Etno, ha messo in allarme tutti gli operatori europei. Si parla di soldi, tanti soldi, visto che in Europa sono stati investiti circa 500 miliardi solo negli ultimi 10 anni.

“Tutto questo è insostenibile per l’economia, ma anche per l’ambiente. Se la capacità trasmissiva fosse correttamente remunerata, i player digitali non la utilizzerebbero senza alcun freno, causando enormi sprechi energetici. Ci troviamo nella classica situazione di “fallimento di mercato”, quella in cui, per conseguire il benessere economico e sociale dei cittadini, è necessario un intervento regolamentare a livello internazionale”, continua Labriola. Le sue parole non stanno andando a vuoto, anzi. Dopo la consultazione, infatti, si prevede che la Commissione voglia preparare una bozza di legge da proporre al Parlamento europeo e agli Stati membri.

Anche a Londra si discute del tema: Ofcom, l’autorità garante britannica, ha aperto da settimane una consultazione pubblica per rendere più flessibile la “net neutrality”, ovvero quel principio che evita il rischio di avere una internet a più velocità. Anche in questo caso l’obiettivo è quello di rafforzare gli operatori di telecomunicazioni di fronte ai colossi tecnologici come Meta e Google, consentendo loro di lanciare dei servizi differenziati con soluzioni che però rischierebbero di riaprire i conflitti commerciali tra le due parti.

 

Come evitare lo scontro

Trovare una soluzione che possa accontentare tutti, senza rinunciare alla neutralità della rete, sembra impossibile. L’obiettivo minimo da raggiungere dovrà pensare alla salvaguardia di tutte quelle società che usano la rete per sopravvivere. Tim stessa rilancia come ipotesi plausibile quella del FairShare, ovvero “il riconoscimento da parte dei più grandi fornitori di servizi in rete di un contributo economico a copertura dei costi del traffico che generano”.

Insomma, per evitare lo scontro a Bruxelles dovranno trovare il modo di far accordare le parti senza mettere in piedi una guerra commerciale tra Stati Uniti ed Europa. Mica facile.

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