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La superpotenza dell'intelligenza artificiale

Eugenio Cau

Un esperto di Amazon ci spiega perché l’azienda di ecommerce è dietro alle app che usiamo tutti i giorni

Roma. Qualche settimana fa il New York Times ha raccontato in un articolo che i cronisti politici che si occupano di raccontare il Congresso degli Stati Uniti avevano un grosso problema: non riuscivano a riconoscere i deputati. Magari vedevano un gruppo di legislatori complottare in un bar subito fuori dal Campidoglio ma non riuscivano a capire di chi si trattasse, oppure qualcuno li avvicinava per una confidenza off the record e loro non avevano idea di chi fosse l’interlocutore. I membri del Congresso sono più di 500, e per quanto un bravo reporter si possa sforzare è impossibile conoscerli tutti. Così, un giorno, la giornalista Jannifer Steinhauser ha scritto su Twitter: ci vorrebbe uno “Shazam per le facce dei membri del Congresso” – Shazam è la famosa app per riconoscere le canzoni. I tecnici del Times hanno provato per un po’ a fare una app simile, ma le tecnologie di riconoscimento facciale sono complesse. Il team di programmatori del giornale, per quanto preparato e nutrito, non aveva le risorse. Poi si sono accorti che Amazon forniva esattamente il servizio di cui avevano bisogno. Si chiama Rekognition e fa parte del pacchetto di Amazon Web Services, i servizi cloud della società di Seattle. Partendo dalla tecnologia di Amazon, con un po’ di lavoro i tecnici del Times hanno creato un servizio che si chiama Who The Hill: i giornalisti mandano un messaggino con la foto di un deputato e il programma risponde con nome e cognome.

 

Gli Amazon Web Services (Aws) sono uno dei servizi più influenti e al tempo stesso poco conosciuti di Amazon. Sappiamo tutto dell’ecommerce, della produzione e distribuzione di contenuti video e musicali, di Kindle e degli ebook, di Echo, l’assistente domestico con intelligenza artificiale. Ma pochi tra il grande pubblico sanno, per esempio, che senza gli Aws una gran quantità di app famose (Pinterest, Tinder, Duolingo, perfino Netflix) non esisterebbe, oppure funzionerebbe un po’ peggio. “Sei anni fa dovevo spiegare cosa fossero gli Aws perfino ai miei colleghi dentro ad Amazon, mentre adesso tutti sanno di cosa si parla”, racconta al Foglio Danilo Poccia, che è Technical Evangelist di Aws, e cioè: un esperto tecnico bravo nella comunicazione che spiega ad altri esperti come funziona Aws. I Web Services sono dei servizi digitali che, per difficoltà di realizzazione o limiti di potenza computazionale, soltanto una superpotenza come Amazon può mettere a punto, e che vengono offerti (a pagamento, è chiaro) ad altre aziende che ne hanno bisogno. Uno dei servizi più richiesti è quello del riconoscimento facciale: “Insieme con Sky, abbiamo organizzato un servizio che riconosceva automaticamente tutti gli ospiti del Royal Wedding tra Harry e Meghan Markle e mandava sul video tutti i nomi”, dice Poccia. Gli chiediamo se il sistema abbia confuso qualche volto e lui risponde: “Nessuno”.

 

Il riconoscimento facciale di Amazon di recente è stato anche al centro di polemiche: alcuni azionisti di Amazon e alcune associazioni per i diritti civili negli Stati Uniti hanno chiesto all’azienda di non vendere la sua tecnologia alla polizia, temendo che possa essere usata non soltanto per identificare i sospetti criminali ma anche gli innocenti, per esempio chi manifesta per strada.

 

Gli esempi degli utilizzi degli Aws sono tantissimi. “Duolingo (la app per imparare le nuove lingue) usa Aws per trasformare il testo in esercizi vocali, e gli sviluppatori dicono che da quando usano i servizi di Amazon la app è migliorata moltissimo”, dice Poccia. “Anche Politico, il sito di news, usa Aws per leggere ai lettori gli articoli”. E ancora: la Nfl, lega americana di football, usa Aws per tenere automaticamente le statistiche delle squadre, il processo di tecnologizzazione di Nike è passato per Aws, e così via. “Nell’ultimo anno abbiamo aggiunto dei servizi che consentono di fare un’analisi del linguaggio naturale: il sistema può capire da una telefonata qual è il sentiment dell’interlocutore e cogliere le parole chiave, per esempio il nome di un brand”, continua Poccia. E’ chiaro che questi servizi ricadono quasi tutti in quella che oggi viene chiamata “intelligenza artificiale”. Pochi lo realizzano, ma Amazon è una delle più grandi aziende di intelligenza artificiale al mondo. “Amazon utilizza l’intelligenza artificiale da oltre 20 anni, da quando ha sviluppato il suo famoso sistema di consigli per gli acquisti nell’ecommerce”, dice Poccia. “Aws è nata 12 anni fa, e soltanto allora abbiamo cominciato a mettere a disposizione degli altri la nostra capacità nell’AI, ma l’abbiamo usata e sviluppata da sempre”.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.