Un robot licenzia i sacerdoti induisti

Micol Flammini

Durante la festa di Ganesh, i riti saranno celebrati da un braccio meccanico. Dopo la Germania, la Cina e il Giappone anche l'India si apre alla computerizzazione delle pratiche religiose

Anticamente era un elefante. Poi un sacerdote. Ora un braccio meccanico. Durante una delle più importanti celebrazioni religiose induiste, quest’anno verrà utilizzato un robot per svolgere il rituale dell’arathi. Un rito antico durante il quale una fiamma di canfora viene agitata con movimenti circolari davanti alla statua della divinità di Ganesh, figlio di Shiva.

 
L’iniziativa della ditta indiana Patil Automation ha suscitato la reazione indignata dei fedeli e del clero che hanno visto nel braccio meccanico un tentativo di dissacrare la cerimonia più importante della festa di Ganesh che si svolgerà tra il 22 e il 23 settembre. L’azienda indiana, specializzata nella produzione di arti meccanici, ha puntualizzato che il ruolo della macchina non è quello di sostituire la figura del sacerdote nella celebrazione dell’arathi, bensì di adempiere solo alla gestualità per assicurare al rito dei movimenti più fluidi che meglio ricordino le movenze della proboscide di un elefante.

 
Stando alle statistiche del sito willrobotstakemyjob.com, i sacerdoti sono tra le categorie più minacciate dall’automazione del lavoro. Solo in quest’ultimo anno in Cina un monaco robot ha dato consigli in un tempio buddista, in Giappone una macchina ha celebrato un funerale e in Germania un robot ha benedetto i fedeli in cinque lingue proprio nella città di Wittenberg, dove è iniziata la riforma di Lutero.

 
L’India già da tempo ha computerizzato le pratiche religiose in modo da renderle più accessibili ai fedeli, ma la meccanizzazione di un rito come l’arathi ha sconvolto la popolazione induista, perché l’importanza non è tanto nel modo in cui viene mossa la fiamma di canfora, bensì nello sforzo mentale che il sacerdote mette nel compiere il gesto.
L’Asia è interessata da un forte fenomeno di automatizzazione delle sfere religiose. Spesso i fedeli ascoltano canti rituali riprodotti dal computer e, in alcuni casi, anche le cerimonie sono accompagnate da canzoni registrate. Il clero inizialmente vedeva queste novità in modo positivo, come un’opportunità di riavvicinare i fedeli alla religione, di semplificare i riti e ripopolare i templi, ma il braccio meccanico che compirà il rito dell’arathi al festival di Ganesh non è piaciuto nemmeno a loro.

 

 
In ogni caso anche da noi la religione sta cambiando. Sta diventando più social. Così a pregare, o a far pregare, ci pensano le app. Le più comuni sono: Pregaudio, Pray Together, Clic to Pray e Via Crucis che contano, in media, 1.500 utenti ciascuna.

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