Dai ragazzi scamiciati della Silicon Valley a imprenditori coi fiocchi. Ma è solo fiction

Stefania Nicolich

Una “business novel” di formazione scritta da Fausto Pasotti, che è una via di mezzo tra il romanzo e il saggio e tenta di educare all’imprenditoria

Il mondo delle start up sta diventando meno mistico e più vicino alla comune vita dell’imprenditoria, ma sempre di più viene usato come scenario fiction per romanzi, film e telefilm. Tutto è iniziato quando abbiamo iniziato a raccontare nei film storie imprenditoriali di successo: Mark Zuckerberg in “The Social Network”, “Steve Jobs”, l’epopea del fondatore di McDonald’s in “The Founder”, quella dell’imprenditrice Joy Mangano che ha costruito il suo impero commerciale ed è diventata milionaria in “Joy”.

  

Tutti questi film illustrano i vari aspetti dell’imprenditoria: come sono state trovate nuove soluzioni a fronte dei nuovi bisogni della società, o di come queste invenzioni abbiano cambiato il comportamento delle persone, andando a soddisfare dei bisogni latenti che i consumatori non sapevano neanche di avere. Per esempio panini espressi, senza attesa e a prezzi competitivi, un modello che è diventato normalità grazie a McDonald’s.

  

Ora il gergo lo si conosce, più o meno si sa quali sono i passi da fare per creare una start up, è una cultura che sta entrando sempre di più nella vita quotidiana e non è più confinata al solo mondo tecnologico. Nel 2016 è stato lanciato un telefilm intitolato “Start Up”. Il protagonista investe i soldi del padre in un progetto per la creazione di una criptovaluta chiamata GenCoin. La serie tv si concentra proprio sulla narrazione della rivoluzione tecnologica, con colpi di scena e azione, quasi drammatico nel voler sottolineare il desiderio del giovane startupper di emergere, di fare qualcosa di straordinario e rivoluzionario. Ma questa narrazione è davvero educativa o è solo un mettere in scena il grande sogno di sfondare (vale a dire diventare ricchi) e niente di più? Prima di “Start Up” era uscito “Sillicon Valley”: anche qui la storia si concentra su un gruppo di sviluppatori che cercano di dar vita a qualcosa di innovativo fondando una start up. E’ un ritratto piuttosto realistico di quel che succede dietro le quinte della vita di uno sviluppatore, ispirata alla vita di Mike Judge, un ingegnerie della Silicon Valley alla fine degli anni Ottanta, che è anche uno degli scrittori della serie.

   

 

E ora accanto ai libri sulle storie di imprenditori, di nuovi metodi di verificare i propri prodotti, design thinking, sprint, blue ocean strategy e business model canvas, stanno uscendo anche i romanzi. Martedì 16 ottobre all’Acquario civico di Milano ci sarà la presentazione del libro “Startup Fiction”, una “business novel” di formazione scritta da Fausto Pasotti, che è una via di mezzo tra il romanzo e il saggio. E’ un mondo fittizio che tenta di educare all’imprenditoria e si basa sulla storia di una start up sviluppata in Bocconi che ha creato un algoritmo in grado di rivoluzionare il mercato dei computer. All’interno si trovano tutte le sfide che si incontrano nel passaggio dall’idea alla creazione del progetto imprenditoriale.

  

La parte didattica del libro viene dai casi di start up di Speed MI Up, l’incubatore dell’Università Bocconi. Tra i temi: lean start upping, importanza del team, distruzione creatrice, exit, arte della trattativa, business model e scalabilità. Ambientare le start up in mondi di fiction estranierà questo mondo ancora di più dalla vita quotidiana o lo porterà più vicino? La linea sottile tra ciò che è vero e ciò che è inventato sarà senz’altro più ampia. Ma fa parte del gioco.

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