Ansa

Il Foglio sportivo

L'imperdibile leggerezza dello sport

Umberto Zapelloni

Campora, dg di Allianz tra Giochi Olimpici, passioni sportive e lezioni per l’azienda: "Vivo lo sport come metafora, come rappresentazione stilizzata dei conflitti e delle battaglie, però in maniera non cruenta e tutto sommato edificante"

Dalle vetrate del suo ufficio si domina Milano, un po’ come dalla Madonnina che svetta qualche piano più in alto, sul tetto della torre disegnata da Arata Isozaki. Lo sguardo viaggia verso nord-ovest, abbracciando la Milano dello sport: lo stadio, l’ippodromo, il vecchio Palalido – oggi Allianz Cloud –, i nuovi campi da tennis e padel di CityLife, il velodromo Vigorelli convertito al football. Avvicinandoci all’anno dei Giochi italiani, l’intenzione era quella di fare una bella chiacchierata olimpica con uno dei grandi partner globali del Cio e un compagno di viaggio fondamentale per Coni e Cip, oltre che per molte altre realtà sportive italiane. Isolare Giacomo Campora, amministratore delegato e direttore generale di Allianz Italia, nei confini dello sport, però, è impossibile. La sua mente brillante viaggia veloce in ogni direzione: dalla politica all’editoria, fino all’economia, di cui Allianz è protagonista naturale.

 

“Credo che nessun bambino sogni di diventare un assicuratore. Lavoro tecnico, dietro le quinte. Noi siamo il sistema immunitario dell’economia, diversamente dalle più visibili banche, che sono il sistema cardiocircolatorio: non si possono fermare mai, non possono fallire. Le assicurazioni sono come il sistema immunitario: è meglio averlo che non averlo; se non ce l’hai devi stare sotto una tenda, non puoi fare niente…”. Campora ama lavorare con le persone, ma anche con i numeri. Ha sempre fatto l’investitore professionale sui mercati internazionali ed è affascinato dall’uso dei dati nello sport: “Oggi il calcio è scienza, l’uso che viene fatto dei dati è meraviglioso. Se potessi cambiare carriera mi piacerebbe fare il tecnico di una squadra di calcio, perché lo studio dei dati per preparare una partita, per leggere le prestazioni tue e degli avversari, mi attira tantissimo. La tecnologia applicata allo sport ha fatto passi avanti straordinari e adesso arriverà anche l’intelligenza artificiale a velocizzare lo studio dei dati…”. Un tema, quello dell’intelligenza artificiale, che rimanda direttamente al suo lavoro: “In questo momento è una specie di esoscheletro: ti rende un po’ più performante, ma se vuoi davvero vincere devi avere le migliori persone. Le persone vogliono parlare con le persone, sempre, soprattutto in un business come il nostro, dove un cliente ha bisogno di noi una volta ogni dieci o vent’anni. L’intelligenza artificiale può evitarti le cose noiose e lasciarti più spazio per la creatività”.

 

E allora togliamo le cose noiose della vita e torniamo allo sport. “Il mio rapporto con lo sport è quello di un grande e appassionatissimo fruitore, che lo vive come metafora, come rappresentazione stilizzata dei conflitti e delle battaglie, però in maniera non cruenta e tutto sommato edificante. Ci sono i campioni, le vittorie e le sconfitte che, in qualche modo, ti umanizzano. Se vinci sempre, poi, perdi una dimensione che piace agli altri e diventi antipatico”. Sportivo da divano più che praticante, pure se da una decina d’anni – anche per stare accanto ai figli – ha cominciato a giocare a golf, uno sport che ama anche perché non è esasperato dall’agonismo: “Intendo lo sport più come un gioco. Non sono un agonista, non ho in me la voglia di vincere a discapito degli altri, neppure sul lavoro. Certo, mi fa piacere se la nostra squadra vince, e qui per fortuna è come giocare nel Real Madrid: sono circondato da fuoriclasse, tanto che spesso vengono a “portarmeli via” per farli crescere da qualche altra parte dell’azienda. Se ci fosse un campionato del mondo delle assicurazioni – una cosa di una noia pazzesca – saremmo lì a giocarci la vittoria. Io non provo piacere nel battere gli altri, ma nel fatto che gli altri riconoscano che la mia è una squadra di alto livello”.

 

Un valore fondamentale per Campora è la lealtà, e lo sport è il mezzo scelto per trasmettere questo messaggio in azienda: “Lo sport è una metafora del fatto che devi saper stare e competere anche all’interno di Allianz, non solo nel mercato, in maniera leale. Allianz è un gruppo che non apprezza personalismi né comportamenti sleali, che vengono sostanzialmente sanzionati. Non c’è spazio per persone sleali qui dentro. La competizione, contribuisce alla crescita, ma deve avvenire nel rispetto delle regole. È molto simile a quella tra sportivi e, come nello sport, fa sì che la società migliori sempre. Possiamo dire che è un’azienda abbastanza ben allenata”.

 

Per il numero uno di Allianz in Italia lo sport è un gioco che non deve produrre fatiche inenarrabili, tali da arrivare stremati alla fine della Maratona delle Dolomiti o di New York, né una partita di padel giocata per distruggere l’avversario a ogni colpo: “Per me è un mix tra gioco e leisure. Non scio più perché ho paura di farmi male e, da assicuratore, vedo cosa succede sulle piste. Ma da ragazzo, pur venendo da una famiglia proletaria, prendevo il pullman dello sci club in piazza Ovidio alle quattro del mattino. Mi piaceva sciare guardando il panorama, come faccio ora con il golf: uno sport che costa meno dello sci e in cui sfidi prima te stesso e il campo, e solo dopo gli altri. Anzi, è uno sport in cui, se un avversario fa un bel colpo, gli fai i complimenti”.

 

Il suo ruolo lo ha portato ai Giochi di Parigi 2024, ma senza vedere molte gare dal vivo: “Trovo imperdonabile il trattamento riservato dal comitato organizzatore francese al nostro Presidente della Repubblica. Non puoi lasciare un Capo di Stato sotto la pioggia con una mantellina come quelle che usavamo io e mio padre quando andavamo a San Siro. Quell’episodio ha segnato in negativo il mio ricordo dei Giochi di Parigi, lasciandomi un po’ di amaro in bocca. Le medaglie che si sbiadivano nel tempo sono state un segnale… Per fortuna, però,  le cose sono andate bene per i nostri atleti italiani”. E benissimo per la squadra di atleti Allianz: “Gli atleti delle Fiamme Oro che appoggiavamo, e che avevamo seguito con la nostra docuserie  televisiva 'Sognando Parigi 2024' hanno vinto molte medaglie e non saremmo stati messi male virtualmente nel medagliere finale, anzi meglio di tanti Paesi”. Ed eccoci alla partnership olimpica e paralimpica. Allianz è infatti dal 2021 partner assicurativo globale del Cio e del Comitato paralimpico internazionale, un rapporto quest’ultimo che dura dai tempi di Torino 2006: “È stata un’opportunità su cui abbiamo riflettuto molto, perché è un investimento enorme anche per noi. L’obiettivo è far conoscere il marchio in Asia e a livello globale. Le Olimpiadi offrono un palcoscenico mondiale e nel Cio ho trovato una professionalità estrema, credo addirittura superiore a quella – pur altissima – della Fifa”.

 

Questo è l’impegno globale, ma da quello che è probabilmente l’ufficio più alto d’Italia partono anche le iniziative a supporto di Milano Cortina – qualche piano più sotto c’è la sede della Fondazione, ospitata fa anni, e qui verrà allestita la Casa Italia di Milano per i Giochi Paralimpici – e di molte federazioni: “Abbiamo deciso di sostenere le Fiamme Oro e alcune federazioni meno conosciute. Abbiamo coordinato i nostri interventi con il presidente del Coni, prima Malagò e ora Buonfiglio, e ci siamo messi al fianco degli sport che esprimono valori. L’unico sport che ho voluto appoggiare di testa mia è stato il pugilato. Lo ritengo un’arte sportiva eccezionale, che offre grandi possibilità a chi rischia di restare emarginato. Chi insegna pugilato sa che sta togliendo una persona dalla strada e la sta aiutando a prendere la direzione giusta, o almeno a non prendere quella sbagliata. Mi dispiacerebbe vederlo escluso dai Giochi”.

 

Allianz è anche naming partner di impianti come lo stadio della Juventus e il Palalido: “Abbiamo colto delle opportunità e alla fine ci siamo trovati con una società gestita benissimo, che ha il 30 per cento dei tifosi italiani, un dato che ovviamente guardiamo. Lo stesso è successo a Milano: non c’erano offerte e ci siamo fatti avanti per denominarlo Allianz Cloud, anche perché la posizione era strategica…”. Molto altro lo fa la Fondazione Umana Mente, che iscrive sempre una propria squadra all’Eroica e alla Barcolana, offrendo supporto alle persone con disabilità, oltre a sostenere la Squadra G, formata da giovanissimi sciatori paralimpici. A Campora non piace la narrativa dell’“azienda buona” (“Le aziende non sono fatte per essere buone, ma per fare il loro mestiere”), ma spiega che la scelta di Allianz di seguire i giovani e non solo gli atleti di punta delle Fiamme Oro  e di sostenere i Giochi Paralimpici oltre a quelli Olimpici è “semplicemente la cosa giusta da fare, quella che ti insegnano mamma e papà”. Evidentemente non tutte le aziende hanno avuto una mamma e un papà così, ma questo è un altro discorso.

 

Torniamo allo sport: “Il calcio mi piace moltissimo perché è una metafora del mondo. Non sono appassionato di basket, ma riconosco che sia uno sport di altissimo livello tecnico. Mi piace guardare lo sci perché è veloce, dura poco e gli atleti fanno cose che, se hai mai provato a sciare, capisci quanto siano incredibili. Amo la Formula 1, che solo recentemente è diventata meno monotona, ma resta un laboratorio di progresso. Non mi piace la MotoGP, nonostante sia stato un motociclista, anche se non di velocità. Seguo il ciclismo, ma si deve lavorare di più sulla sicurezza delle gare, limitando per regolamento la velocità media nei tratti lunghi e tortuosi in discesa, con penalizzazioni significative che rendano il rischio controproducente. Da studente Erasmus in Scozia ho iniziato ad apprezzare il rugby e mi piace moltissimo la nostra nazionale. Seguo il tennis dai tempi di Panatta, ricordo bene la Davis e le vittorie a Roma e Parigi. Sto seguendo l’epopea di Sinner da quando ha vinto le Next Gen qui a Milano: secondo me è un simbolo potentissimo dell’Italia moderna”. Viene spontaneo chiedergli se tifi per una squadra. A sorpresa risponde Genoa (e Celtic, per via dell’esperienza scozzese). Colpa di un amico conosciuto al mare: “Il Genoa ti cambia completamente la prospettiva sul calcio: ha un tifo inglese che canta tutto il tempo, non insulta gli avversari ma sostiene la propria squadra…”. 

 

Eccoci tornati al punto di partenza: il gioco di squadra, lo sport come metafora della vita e quei cinque cerchi olimpici che ci aspettano là fuori.

Di più su questi argomenti: