Un'immagine dell'ultimo derby tra Genoa e Sampdoria. Era il 25 settembre 2024 in Coppa Italia (foto di Tano Pecoraro per LaPresse)
La brutta aria che tira (ancora) nella Genova del calcio
Genoa e Sampdoria sono in fondo alle classifiche di Serie A e Serie B. Il rischio di vivere un'altra doppia stagione da incubo è quanto mai concreto
La storia ha avuto decine di incipit differenti. Eppure i finali si assomigliano un po’ tutti. Da anni ormai i club di Genova sono stati risucchiati in un vortice, un flusso che con la sua forza centrifuga li spinge verso i margini del calcio italiano. E se in qualche stagione sono riusciti ad avvicinarsi al centro, subito dopo sono tornati a essere periferia. Accade questo da parecchio tempo. Ed è così anche in quest’annata. Il Genoa giace all’ultimo posto della classifica di Serie A. Con tre punti in otto giornate ottenuti senza lo straccio di una vittoria. La Sampdoria boccheggia nella penultima posizione della Serie B. Con cinque sconfitte sul groppone in nove giornate.
L’allarme è iniziato a suonare già da un pezzo. E il rischio di vivere una doppia stagione da incubo è quanto mai concreto. I motivi della crisi sono tanti, le colpe condivise.
Dal 2016, ossia dalla fine della seconda avventura di Gasperini in rossoblù, il Genoa ha cambiato tre proprietà. Prima Preziosi, poi 777 Partners, infine Dan Sucu, il fondatore di Mobexpert, il più grande marchio di arredamento della Romania con oltre duemila dipendenti. I risultati, però, non sono cambiati poi molto. Due undicesimi posti (2021 e 2024), una manciata di salvezze raggiunte dopo strazianti sofferenze e una retrocessione in cadetteria. E mentre Gasperini, dopo aver salutato fra le polemiche ("Se l'ho mandato via è perché avevo i miei buoni motivi. Lui sa il perché ma non vengo certo a dirlo a voi", disse Preziosi a favor di camera), iniziava il suo longevo e fruttuoso regno sulla panchina dell’Atalanta, il Genoa non ha fatto altro che collezionare allenatori. Juric (tre volte), Mandorlini, Ballardini (in due occasioni), Prandelli, Andreazzoli, Thiago Motta, Nicola, Maran, Shevchenko, Konko, Blessin, Gilardino e Vieira. Proprio con il francese in cabina di regia la squadra sembrava aver trovato una propria fisionomia. Almeno fino a quando l’inizio di questa stagione non si è trasformato in una presa di coscienza collettiva. Il Genoa ha segnato appena quattro reti in campionato. E tutte con giocatori diversi (Ellertson, Ekiban, Ekhator e Thorsby). Le cessioni di De Winter al Milan (20 milioni) e di Ahanor all’Atalanta (17), hanno contribuito a ridurre il debito generale del club, sceso da 160 a 129 milioni, ma non a rafforzare la squadra. In estate sono arrivati soltanto giocatori in prestito (Onana, Cornet, Grønbæk, Carboni, Colombo e Ostigard). E nella sconfitta di domenica scorsa in casa del Torino sedevano tutti in panchina ad eccezione dell’ex centrale del Napoli (e di Stanciu, infortunato, giunto a Genova da svincolato). La sfida di domani a Marassi contro una Cremonese incredibilmente undicesima diventa così la classica ultima spiaggia. O si smuove la classifica o si sgretolano le speranze. Vieira è già davanti a un bivio. O Santo o eretico. Senza possibilità di appello.
Non va meglio alla Sampdoria, ancora alle prese con la ricostruzione del post-Ferrero, un’èra che ha regalato ai blucerchiati l’illusione di una partecipazione all’Europa League (naufragata già al terzo turno preliminare) e macerie pesantissime. La scorsa stagione era stata un giro sulle montagne russe. Quattro allenatori cambiati e il ritorno di due leggende del club con Evani e Lombardo. Il tentativo di rianimare la squadra non è andato a buon fine. Prima è arrivata la retrocessione sul campo. Poi il ripescaggio per le vicende fra il Brescia e la Covisoc e infine la clamorosa e surreale vittoria contro la Salernitana nel playout per evitare la C. La lezione sembrava essere stata appresa. Il mercato ha portato a Genova una manciata di giocatori, fra cui Pafundi. Eppure nulla sembra essere cambiato. Gregucci ha sostituito Donati. E stasera contro l’Empoli è già tempo di sentenze.
cambio di panchina
Alla fine ha pagato Igor Tudor per le poche idee e confuse della Juventus
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