Il centrocampista della Lazio Toma Bašić (foto LaPresse)

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L'ostinazione di Toma Basic

Giovanni Battistuzzi

Il centrocampista croato è rimasto alla Lazio, nonostante la società avesse provato a venderlo in ogni modo, perché non doveva dimostrare alla dirigenza e all'allenatore che uno come lui in Serie A può giocare e farlo bene. Ha dimostrato a tutti che non si sbagliava

Il 28 novembre del 2020, al termine della partita contro il Paris Saint-Germain terminata 2-2. l'ex allenatore del Girondins de Bordeaux, Jean-Louis Gasset, descrisse con pochissime parole il suo giocatore Toma Bašić, autore di una prestazione eccezionale contro i parigini: "È la rappresentazione calcistica dell'ostinazione". Poi aggiunse: "A volte è un bene, un bene imprescendibile, a volte può trasformarsi in un problema. Il compito di chi allena è delicato: bisogna esaltare i pregi e smussare i difetti dei propri giocatori".

Toma Bašić ha grandi pregi e molti difetti. In campo corre, insegue, recupera un sacco di palloni e dopo aver rincorso, recuperato e passato il pallone a chi ha il compito di costruire l'azione, corre ancora per agevolare il compito dei compagni e farsi trovare libero decine di metri avanti. Tutto questo lo fa per novanta minuti. Non teme la fatica il croato. Non gli interessa nulla se non dare tutto quello che ha in corpo per la sua squadra, perché "se un calciatore esce dal campo con ancora qualche forza in corpo allora è un mezzo calciatore", disse a inizio carriera al quotidiano croato Večernji list. Toma Bašić è un uomo che il suo ruolo, quello di mediano, ce lo aveva dentro ancor prima di giocare a calcio per davvero. Uno che ha fatto il mediano per scelta, nonostante avesse i piedi e la tecnica per fare altro.

In questo suo continuo continuo, Toma Bašić si è ritrovato a sbagliare spesso e volentieri. Ma sempre per eccesso di voglia di fare, mai per mancanza di impegno. Perché forse è vero che chi non fa non falla, a volte però servirebbe cercare di ridurre al minimo le possibilità di errore, dare tanto e non sempre tutto, cesellare e riparare invece che distruggere e ricostruire. Non c'è mai riuscito. Il suo moto perpetuo si è sempre scontrato con l'impossibilità di essere robot e l'evidenza di essere solo un essere umano. E il vivere il calcio come realizzazione derivante da un necessario svuotamento lo ha sempre messo di fronte all'impossibilità di fuggire dall'esaurimento delle risorse energetiche, dal fatto che inevitabilmente l'eccesso di fatica offusca vista e ragionamento.

In molti hanno provato a convincerlo a non strafare, a suggerirgli che a volte è meglio uno scatto in meno che uno di troppo. Non l'ha mai capito. È sempre andato avanti per la sua strada, in quella sua battaglia contro la finitezza delle energie.

D'altra parte è da sempre in battaglia, Toma Bašić. Ha iniziato da bambino quando scelse di tenere per l'Hajduk Spalato nonostante fosse di Zagabria, nonostante tutti gli amici tenessero per la Dinamo, nonostante a Zagabria ci sono poche squadre più detestatare dell'Hajduk Spalato. Ostinazione anche questa.

Toma Bašić all'Hajduk Spalato sarebbe tornato di corsa nell'agosto del 2024. Alla Lazio avevano deciso che potevano fare a meno di lui. I rapporti erano tesi da un anno. Nell'estate del 2023 i biancocelesti avevano deciso di puntare su Mattéo Guendouzi nel suo ruolo e l'avevano messo sul mercato, ma lui aveva deciso di ignorare le avances di molte squadre convinto di poter essere ancora utile alla causa laziale. Aveva passato cinque mesi tra panchina e tribuna, prima di accettare di passare il finale di stagione alla Salernitana. Ritornato a Roma, si era accordato per ritornare in Croazia, nel suo amato Hajduk Spalato, poi la trattativa saltò perché il presidente Claudio Lotito si convinse di poter ricavare di più dalla sua cessione. E Toma Bašić decise che non sarebbe andato da nessun'altra parte. Visse dodici mesi da separato in casa, metà stagione in tribuna, metà stagione in panchina. Non giocò nemmeno un minuto.

Rifiutò qualsiasi altra destinazione che non fosse l'Hajduk Spalato anche questa estate. Non lo spaventava un'altra stagione da zero minuti, perché era convinto che con il ritorno di Maurizio Sarri in panchina, uomo che sentiva vicino per visione del calcio, per lui ci sarebbe stata un'altra possibilità. Anche perché l'impossibilità di acquistare giocatori a causa della sanzione Uefa avrebbe prima o poi reso necessario il suo utilizzo.

E così ha aspettato il suo turno, Toma Bašić. Lo ha aspettato in silenzio, con l'ostinazione di chi non accetta compromessi, di chi sa di avere una missione e quella missione era dimostrare alla dirigenza della Lazio che si era sbagliata sul suo conto.

Il 29 settembre Toma Bašić è tornato in campo allo stadio Luigi Ferraris di Genova contro il Genoa. Da allora ha ripreso con il suo calcio di svuotamento. Da allora Maurizio Sarri ha capito che uno così, uno ostinato fino all'eccesso, è meglio averlo in campo che in tribuna. Perché Toma Bašić corre per due, fa tante cose buone, molte volte sbaglia, ma non accampa mai scuse. E a volte fa gol. Tipo quello che ha dato i tre punti ai biancoazzurri contro la Juventus.

 


    

Anche quest'anno c'è Olive, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Piccoli ritratti, non denocciolati, da leggere all'aperitivo. Qui potete leggere tutti gli altri ritratti.

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