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Perché il Clasico è ancora la partita più vista del mondo
Real Madrid-Barcellona attira un miliardo di tifosi. Si scontrano due mondi, due culture, Mbappé e Yamal. Le ultime 5 sfide hanno visto trionfare il Barcellona, Xabi Alonso deve invertire la tendenza. Rischia il Barça rischia: in caso di sconfitta avrà cinque punti di distanza in classifica dai rivali.
Nel calcio della globalizzazione è “la partita” perché Real e Barcellona sono le squadre con il maggior numero di tifosi al mondo. Si calcola che i Blancos possano contare su 470 milioni supporter contro i 450 milioni dei rivali. Numeri destinati a crescere grazie anche a un’offerta televisiva sempre più dilagante (la partita sarà trasmessa in 185 paesi) e all’incessante attività che i due club sviluppano sui social. Si prevedono oltre 600 milioni di spettatori davanti alla tv. Una sfida che viene da lontano e attraversa la storia non solo calcistica. Il primo faccia a faccia tra le due squadre risale al 13 maggio del 1902 (3-1 per i catalani) ma il primo Clasico ufficiale, cioè la prima sfida di campionato, risale al 1929. Ci avviciniamo al centenario di una partita che va oltre il pallone e vale di più di qualunque derby perché l’antagonismo sportivo si dilata e coinvolge cultura, ideologie e rivalità territoriali.
Un confronto che si incrocia drammaticamente con la politica. Il Barcellona è il simbolo delle Catalogna e della sua vocazione identitaria e indipendentista, il Real rappresenta la hispanidad, l’unità e la centralizzazione del potere a Madrid.
Una visione divisiva che ha vissuto momenti tragici durante la guerra civile spagnola (1936/1939). Allora Barcellona, città e squadra, diventarono il simbolo della resistenza prima all’Alzamiento poi alla dittatura di Franco mentre il Real è la formazione del Regime, tifata dal Re e dallo stesso Caudillo.
Una pagina non dimenticata e che resta ancora nel dna delle due società come ben illustra il motto blaugrana “mas que un club” (più di una squadra). Lo dimostra anche la storia calcistica di questi ultimi 15 anni quando è riesploso il conflitto costituzionale tra il governo centrale e indipendentisti culminato nel 2019 con il referendum che dava il via al processo (mai concluso) di indipendenza dello stato catalano.
Ostilità finite immediatamente sul campo di calcio che hanno messo a rischio anche alcune partite del Real al Nou Camp. Per capire la tensione politica, da qualche anno fortunatamente calata, basta ricordare l’episodio in un Clasico del 2009 quando il capitano dei blaugrana Pujol esibì in campo la bandiera catalana scatenando un’ondata di polemiche.
Tutto questo negli anni di maggior valore tecnico di questa sfida infinita. La stagione d’oro del Classico riguarda il decennio (2009-2018) quando gli alfieri delle due squadre rispondevano rispettivamente ai nomi di Lionel Messi (recordman con 24 gol ai blancos) e Cristiano Ronaldo (18 gol ai rivali), mentre sulle panchine sedevano personaggi del calibro di Guardiola (uomo-simbolo del catalanismo) e José Mourinho. Allenatori che ben impersonavano due mondi, due culture, due filosofie rivali anche sul campo di gioco. Il Barcellona tutto possesso palla e tecnica (Tiki Taka nella letteratura calcistica), il Real con la forza dei suoi campioni e il contropiede devastante. Impronte di gioco che permangono anche oggi quando la stagione della rivalità globale tra CR7 e la Pulce è tramontata ma si è già aperta l’epopea di Mbappé vs Yamal. Il Clasico del 26 ottobre si gioca a Madrid con il Real in testa alla classifica e avanti di due punti sul Barça.
Una sfida, la numero 262 della serie, che può indirizzare la stagione di entrambe le squadre. Borja Valero, ex calciatore di Fiorentina e Inter, che commenterà la partita trasmessa domenica alle 16.15 in chiaro da Mediaset su Italia 1 (visibile anche su Dazn come tutto il campionato spagnolo), spiega: “Il Real ha profondamente cambiato il suo gioco dagli anni di Ancelotti, ma la squadra di Xabi Alonso è ancora un’incompiuta e c’è ancora tanto lavoro da fare. Lo schema con difesa alta, aggressività e pressing è ancora da migliorare. La rosa, come tradizione, è competitiva ma al fianco di Mbappé manca un vero centravanti. Il Barca di Flick pratica il solito calcio estremamente offensivo ma ha avuto qualche scompenso per via degli infortuni che hanno bersagliato l’attacco, dove Lewandowski e Raphinha hanno giocato poco e anche Yamal fatica tra acciacchi fisici e distrazioni extracampo”.
Valero, cresciuto nelle giovanili del Real, giudica così il valore della partita: “Il Clasico quest’anno arriva presto e i punti che si guadagnano o perdono non faranno la differenza a fine campionato ma il risultato è fondamentale da un punto di vista psicologico. Il Real di Xabi è sempre andato in sofferenza nelle sfide dirette e vuole invertire la tendenza”. Da considerare che i merengues hanno perso le ultime cinque sfide dirette subendo ben 18 gol e segnandone appena 8 al Barça. Una tendenza che potrebbe continuare. Nel celebre programma El Chiringuito del giornalista Josep Pedrarol, gli ospiti in studio – al termine della sofferta vittoria del Real contro la Juve – non solo hanno indicato nel Barça la favorita ma per la maggior parte di loro la partita finirà con una goleada dei blaugrana. Presenta così la partita Manu Carreno direttore dello sport di Mediaset España: “Tra le due squadre rischia di più il Barça che in caso di sconfitta avrà cinque punti di distanza in classifica dai rivali. Tra i due allenatori rischia molto Xabi Alonso perché ha già perso malamente contro il Paris Saint-Germain al Mondiale per club subendo quattro gol e contro l’Atletico nel derby dove ne ha incassati ben cinque. Un terzo passo falso in un big match non sarebbe facile da digerire per i tifosi madridisti.”
Dopo le vittorie in Champions le due squadre di affrontano con stati d’animo opposti. Il Barça appare in fiducia e più organizzato nonostante l’enigma attaccanti. Il super attacco di Flick (175 gol la scorsa stagione) vede ancora ai box Lewandowski mentre tornano Raphinha e Yamal, in gol nella travolgente vittoria in Champions contro l’Olympiakos (6-1). L’erede di Messi, che da quest’anno gioca con l’iconico numero 10, è ancora lontano dai suoi livelli e pare distratto da varie vicende familiari poco edificanti. Ad attenderlo un Mbappé in grande forma (capocannoniere della Liga con dieci reti) e trascinatore di una squadra alla quale Xabi deve ancora dare un equilibrio come dimostra il derby perso contro l’Atletico di Simeone al Metropolitano per 5-2 appena un mese fa. Ma il Clasico è tutta un’altra storia.
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