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I 3.337 metri di fascino puro del circuito di Monte Carlo

Umberto Zapelloni

Monaco nel calendario della Formula 1 è come la Cima Coppi per il Giro d’Italia, la Streif di Kitzbühel per i discesisti o i green dell’Old Course a St. Andrews per i golfisti

Tutti gli anni quando arriva il Gran premio di Monaco, ormai alla settantesima edizione nel calendario della Formula 1, scatta la solita domanda: ha ancora senso correre qui? Solo dei pazzi possono volare a 300 all’ora tra i guard-rail. Soprattutto con auto che ormai hanno le dimensioni di un minivan, di quelli che vedi girare in centro città con i vetri oscurati. Eppure Monaco, che ormai tra Abu Dhabi e Miami, ha più imitazioni della Settimana Enigmistica, continua ad avere un fascino unico. Non perché le auto sfrecciano tra le vetrine delle griffe più famose al mondo e gli hotel più desiderati della Riviera, o perché il porto è popolato dagli yacht più belli del Mediterraneo. Monte Carlo è anche questo. Con le signore che guardano la gara in bikini e terrazzi affittati a cifre da capogiro. Il merito del suo fascino è tutto rinchiuso nei 3.337 metri di questa pista, dove per la prima volta si corse nel 1929 e la gara fu vinta da William Charles Frederick Grover-Williams che nel tempo libero era un agente segreto di sua Maestà. Tre chilometri e trecento metri che devi percorrere quasi in apnea perchè sai che anche un battito di ciglia fuori tempo può rovinarti il giro.

Basta guardare gli occhi dei piloti quando parlano di Monte Carlo. Brillano come non capita quando parlano di altre piste. È vero che molti sono anche cittadini del Principato e quindi giocano in casa, ma Monaco nel calendario della Formula 1 è come la Cima Coppi per il Giro d’Italia, la Streif di Kitzbühel per i discesisti o i green dell’Old Course a St. Andrews per i golfisti. Per i piloti basta la parola Monte Carlo per sentire una scarica di adrenalina unica. Questa è rimasta una delle poche piste dove non c’è rimedio per un errore. Un millimetro più in là e finisci con una sospensione accartocciata, una gomma bucata, un sogno sbriciolato. Lo sa bene Charles Leclerc che qui ci è nato, ma che qui non è ancora mai salito sul podio nonostante abbia conquistato due pole position. “Il secondo o il terzo posto non mi interessano. Io voglio vincere e basta. Per me conta solo la vittoria e sarebbe anche ora”, dice con gli occhi che gli brillano. Sente la maledizione che aleggia attorno a lui, l’unico negli ultimi dieci anni ad aver conquistato due pole, ma ad aver poi perso la rotta per il podio. Un po’ per colpa sua (la prima volta sbriciolò il cambio dopo aver ottenuto la pole e non riuscì neppure a partire il giorno dopo), un po’ per colpa della Ferrari (la strategia folle del 2022).  “Qui a Monaco c’è una maggiore valutazione dei rischi, ed è una delle cose che apprezzo di più del tracciato. Appena ti spingi un po’ più in là lo capisci e può fare la differenza. E questa valutazione dei rischi non la trovo altrove. Al sabato quando arrivi in Q3 hai raggiunto una confidenza che ti permette di andare a sfiorare i guard-rail come mai prima. È una sensazione unica e io tutti gli anni non vedo l’ora che arrivi questo fine settimana”.

Come dice Charles, questa è una pista in cui si riparte da zero. È il luogo ideale per le sorprese anche se scorrendo l’albo d’oro l’ultimo nome insolito che casca all’occhio è quello di Jarno Trulli che conquistò Monaco esattamente venti anni fa, secondo e ultimo italiano dopo il colpo di Riccardo Patrese nel 1982. “Monaco è complicata e tante cose possono scombinare i piani”, assicura Verstappen che è alla caccia della sua ottava pole di fila stagionale, la nona se aggiungiamo lo scorso anno, due record che condivide con Senna e Prost e da sabato potrebbero essere solo suoi. “Qui occorre trovare il punto ideale nell’assetto, la pista è complicata – aggiunge Russell - Serve ritmo, adattarsi alle condizioni, quello meteo comprese”. Perché se piove tutto si complica ancora di più. Ma se piove possono entrare in gioco anche i vecchi leoni, Hamilton e Alonso. Perché qui l’uomo può ancora fare la differenza. E forse è proprio per questo che Monaco è folle, ma deve restare in calendario, anche se poi in gara è più difficile sorpassare che a Milano o Roma nell’ora di punta.

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