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Serie A

La Juventus di domani è un déjà vu

Andrea Romano

La squadra bianconera gioca male e non vince nemmeno più molto. Allegri potrebbe essere sostituito, ma da chi? A Torino rivivono le stesse incertezze di cinque anni fa, ma con una sostanziale differenza

Un cerotto appiccicato sopra a una ferita profonda come un cratere. Perché in fin dei conti ad accendere una flebile speranza per il futuro è stata una delle grandi delusioni del presente. Ed è proprio in questo paradosso che è racchiusa tutta la stagione della Juventus. Il gol di Milik a sette minuti dalla fine della semifinale di ritorno di Coppa Italia contro la Lazio può riscrivere il finale di questa annata bianconera, ma non può stravolgerne il senso.

Contro i biancazzurro la Signora ha centrato l’obiettivo, ossia la conquista della finale del torneo nazionale, solo che il modo in cui ci è riuscita è stato straziante, per alcuni addirittura avvilente. La critica tricolore ha sparato ancora ad alzo zero. Ma stavolta il riflesso delle gesta al contrario della Juventus è arrivato fino a New York. Reo-Coker ha usato parole ustionanti. "Ci rendiamo conto che questa è la Juventus? La guardo e mi dico che siamo tornati nella Preistoria, nell’era dei dinosauri. È imbarazzante da guardare. Allegri dovrebbe vergognarsi", ha detto alla Cbs. Da mesi ormai a Torino è tornata di moda la parola "gioco". Soprattutto ora che la filosofia del "corto muso" non si regge più sulla stampella dei risultati (appena 2 vittorie nelle ultime 12 di campionato). La società si sta guardando intorno. Serve una figura in grado di dare un volto alla squadra, di predicare un nuovo verbo calcistico, di far giocare bene (qualunque cosa voglia dire davvero) la Juventus. Insomma, qualcuno che abbatta l’esperienza di Allegri e sia in grado di costruire un regime tutto nuovo.

Tutto giusto. Eppure tutto già visto. La sensazione di déjà vu è spiazzante. Perché tutte queste frasi sono state pronunciate esattamente cinque anni fa.

Ad aprile del 2019 la Juventus di Allegri era stata eliminata dall’Ajax nei quarti di finale di Champions League. Allora si era parlato di una "sconfitta ideologica", di un "divario generazionale". Mario Sconcerti aveva scritto sul Corriere: "Emre Can rincorreva de Jong in una marcatura a uomo vecchia di decenni". Qualche giorno più tardi Paolo Tomaselli e Alessandro Bocci avevano aggiunto: "Quella di Ten Hag è una gioiosa macchina da guerra, un’orchestra che suona a memoria. La Juve ha perso sul piano tecnico, tattico, fisico". Nonostante l’ennesimo scudetto messo in bacheca, il calcio di Allegri era diventato stantio e paludato, qualcosa dal quale era meglio mettersi in salvo il prima possibile. Per mesi si era teorizzata una presunta divisione tra allenatori "giochisti" e "risultatisti". Poi la Juventus aveva annunciato la grande rivoluzione. Il club per il quale "vincere è l’unica cosa che conta" aveva deciso che si doveva vincere giocando in un determinato modo. Solo così si sarebbe potuta alzare al cielo la Champions League.

Così la Signora aveva puntato prima su Sarri (che al Napoli aveva fatto vedere un calcio propositivo e ben codificato in una serie di giocate diventate iconiche), poi sul "calcio fluido" di Andrea Pirlo. Il risultato sono state due annate con più ombre (entrambi i tecnici sono usciti agli ottavi di finale di Champions League) che luci (Sarri ha vinto uno scudetto, Pirlo una Coppa Italia e una Supercoppa Italiana), fino a quando Allegri non è stato richiamato a Torino come una coperta di Linus buona per nascondersi da ciò che fa più paura.

La Juventus di oggi, insomma, sembra tornata quella di cinque anni fa. Ma con una differenza: nel 2019 i bianconeri potevano contare su gente come Chiellini, Bonucci, Barzagli, Cristiano Ronaldo, Mandzukic, Dybala, Douglas Costa, Pjanic e Cancelo (e l’anno dopo su De Light, Demiral, Rabiot, Higuain, Danilo). Ora invece si fa fatica a trovare uno zoccolo duro. Rabiot è in scadenza, Vlahovic è sempre sul mercato, Chiesa è ancora un incompiuto. E la sensazione è che senza acquisti di livello, difficilmente il prossimo allenatore bianconero avrà difficoltà a trovare un gioco.

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