1924-2024

Un secolo di Renzo Zanazzi

Cent'anni fa nasceva uno dei corridori più "incredibili" della storia del ciclismo italiano. A Milano lo si ricorda in bici e a parole

Marco Pastonesi

Era lui quello che – 8 luglio 1945, circuito degli assi a Milano, la prima corsa del dopoguerra, 50mila spettatori – arrivò secondo dietro a Fausto Coppi, che era un po’ come arrivare comunque primo, e con i soldi del premio acquistò una macchina per cucire a sua sorella.

Era lui quello che – autunno 1945 – aveva 21 anni, e suo fratello Valeriano 19 quando firmarono un contratto per passare professionisti con la Legnano, e quando il patròn, l’Avocatt, Eberardo Pavesi, si raccomandò “fioeu, e ricordeves che, se vurì andà fort, bisogna ciulà no!”, lui si rivolse a Valeriano e gli domandò “se ciùlum no a vint’ann, quand’è che ciùlum, quando ghem vutant’ann?”.

Era lui quello che – Giro d’Italia 1946, tappa di Firenze -, aveva il compito di tirare la volata al capitano Gino Bartali, al velocista Aldo Bini e all’amico Mario Ricci, ma tirò così forte che li staccò tutti e vinse, e poi gli fu comunicato di non provarci più altrimenti sarebbe stato mandato a casa.

Era lui quello che – Giro d’Italia 1947, tappa di Torino – vinse la volata e conquistò la maglia rosa, e a Indro Montanelli, autore di un pezzo di colore sul “Corriere della Sera”, riscontrati errori, approssimazioni, imprecisioni, voli pindarici e onirici, dette semplicemente del “casciabàl”.

Era lui quello che – Giro della provincia di Reggio Calabria 1950 – sul Piano (che poi è una salita) della Limina tirò il gruppo, lo sgranò, lo selezionò, finché in un tornante, che lui prese largo, un corridore lo prese stretto eppure arrivando e superandolo a velocità doppia e gli gridò “dai ché quello là ha forato”, chi gridava era Coppi, quello là era Bartali, e allora lui, con quel poco fiato che gli rimaneva in gola, cordialmente lo invitò “vadaviailcù te e il Gino”.

Era lui quello che – Tour de France 1951, tappa di Angers, una crono di 85 km -, obbedì all’ordine del ct Alfredo Binda, che era risparmiare le forze, ma obbedì e risparmiò così tanto da finire fuori tempo massimo.

Era lui quello che – circuito in Lomellina dopo un Giro d’Italia – per disputare l’americana nessun corridore voleva essere abbinato a Luigi Malabrocca, la Maglia Nera, allora lui rinunciò a Ricci, si unì a Malabrocca e insieme sfiorarono la vittoria, perché il Luisìn arrivava ultimo solo per convenienza, ma volendo poteva anche vincere. 

Era lui quello che – al Palazzo dello sport di Milano –, su “stufe” o scooter, allenava Felice Gimondi e Gianni Motta prima di una Sei Giorni, Beppe Saronni prima di un campionato italiano, Francesco Moser prima di un record dell’ora.

Era lui quello che - sempre al Palazzo dello sport di Milano, e sempre su “stufe” o scooter -, contrario ad accordi e tresche, tirava il collo ai propri mezzofondisti puntando solo alla vittoria, finché Stefano Allocchio lo ribattezzò “Manettino Kid”.

Era lui quello che – un giorno – andò dall’Ernesto Colnago, gli mostrò una ruota di sua invenzione, piombata, cioè con una serie di piombini attaccati al cerchione capaci di creare un effetto volano, e il Colnago s’illuminò e la applicò alla bici del suo protetto Saronni.

Era lui quello che – per festeggiare i 75 anni – contattò un allenatore e, dietro motori, sulla pista di Dalmine, di cemento, all’aperto, volò a 80 all’ora.

Era lui quello che – alla Milano-Sanremo, così tante volte da perderne il conto -, si piazzava sull’Aurelia ai piedi del Poggio e, bandierina in mano, da solo faceva il servizio d’ordine, chi far passare e chi no, a due ruote sì ma a quattro sì o no, decidendo al volo.

Era lui, Renzo Zanazzi, mantovano e poi subito milanese, corridore direttore allenatore dirigente tecnico, azzurro d’Italia, missionario e ambasciatore di ciclismo. E a 10 anni dalla morte, e a 100 dalla nascita, è ancora lui: venerdì 5 aprile, 100 minuti a parole; e sabato 6, 100 km a pedali. A Milano. Le parole al Vigorelli, dalle 18.30, fra gli iscritti a ricordare e raccontare anche Colnago, il presidente federale Cordiano Dagnoni, Rossella Galbiati e Morena Tartagni. I chilometri da Rossignoli, corso Garibaldi, la partenza alle 8.30, e qui non c’è neppure il bisogno di iscriversi, e almeno in casi così Renzo era per il gruppo compatto.

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