Una scena tratta dal film Hoosiers-Colpo vincente

70 anni dopo

Oggi sarebbe impossibile il colpo vincente che stravolse il basket e divenne un film

Roberto Gotta

Settant'anni anni fa l’impresa della Milan High School nel torneo di basket dello stato dell’Indiana. La vicenda venne raccontata e resa popolare dal cinema con Hoosiers-Colpo vincente con Gene Hackman

Ci sono eventi sportivi che cambiano la storia e altri che la storia la scrivono solo, ma in maniera indimenticabile. Uno di questi, per un certo mondo e in un certo mondo, è sicuramente il trionfo della Milan High School nel torneo di basket dello stato dell’Indiana giusto 70 anni fa, 20 marzo 1954, vicenda raccontata e resa popolare dal cinema con Hoosiers-Colpo vincente, interpretato tra gli altri da Gene Hackman: una piccola scuola, 161 studenti di cui solo 78 maschi, che percorre tutte le fasi del tabellone di 751 squadre e arriva, alla celebre Hinkle Fieldhouse di Indianapolis, a sfidare e battere la altrettanto celebre Muncie High School, che di studenti ne ha dieci volte tanto. Una finale tra licei, di per sé, non dovrebbe avere importanza se non locale, ma non nell’Indiana, che negli Stati Uniti è lo stato in cui maggiormente la passione per questo sport è divampata a livelli da febbre, frenesia, quasi fanatismo. 

Che l’Indiana sia LO stato del basket in realtà è noto, ma quasi mai viene spiegato perché proprio qui e non in Ohio o nell’adiacente Kentucky. E il motivo sta nella combinazione di alcune caratteristiche che, prese singolarmente, valgono anche altrove ma che si sono fuse proprio e solo qui: prima di tutto, il fatto che nel 1893 un religioso britannico di nome Nicholas McKay, destinato alla città di Crawfordsville nell’Indiana, si sia fermato lungo il percorso a Springfield a trovare un collega, James Naismith, abbia appreso da lui quel gioco abbozzato da pochi mesi e lo abbia subito insegnato ai suoi alunni, in uno stanzone al secondo piano di una taverna. In secondo luogo, la conformazione della regione, perlopiù pianeggiante, con qualche rilievo solo nella parte meridionale, e le lunghe strade rettilinee che permisero presto la circolazione di idee, basket compreso; infine la composizione demografica, fatta perlopiù di paesini sorti tra un podere e l’altro, con pochissimi grandi centri. E allora un gioco che si potesse praticare in inverno, tra raccolto e semina, che non richiedesse forti spese per attrezzature e un alto numero di giocatori, come invece il football, che permettesse di spezzare la routine di casa-campo-scuola-chiesa, attecchì subito, addirittura a livello di epidemia, come scrive Philip M. Hoose nel suo brillante Hoosiers. 

Nel 1911 partì il primo torneo statale per licei, e col passare del tempo si radicò una caratteristica che mescola passione, praticità e rivalità locale: dal momento che, quando il numero di squadre crebbe, le fasi regionali del torneo si giocavano sempre nella palestra più grande del circondario, i vari paesi e città si sentirono obbligati a costruire impianti sempre più grandi, in una corsa costante che portò a situazioni in cui la capienza era molto superiore al numero di abitanti. Tuttora, 10 dei 12 palazzetti di liceo più grandi degli Stati Uniti sono nell’Indiana, a partire dalla New Castle Field House di New Castle, 8.424 posti in una località da 18.000 abitanti. 

Nulla a che vedere con la Milan (si pronuncia ‘mài-lin’) High School: paese vicino al confine sudorientale, poco più di 1.500 abitanti comprese le frazioni, e per chi abitava in quella di Pierceville, come alcuni dei giocatori, andare a scuola voleva spesso dire sentirsi inadeguati per abbigliamento e atteggiamento rispetto agli altri. 

Nel 1954 quel gruppetto di figli di contadini e dell’unico negoziante della zona riuscì ad arrivare alla semifinale, in cui batté la forte Crispus Attucks di Oscar Robertson (!) – una delle primissime squadre con afroamericani, del resto esclusi fino al 1942 – e in serata la ben più grande e titolata Muncie Central: ritmi bassi, innovazione di coach Marvin Wood, e in una delle ultime azioni, non essendoci il limite di tempo per andare al tiro, Bobby Plump, poi autore del tiro della vittoria, tenne la palla in mano, immobile, per oltre quattro minuti. I reduci di quella memorabile serata, in cui si stima che il 90 per cento degli abitanti dell’Indiana abbiano seguito la partita in radio o in diretta tv, si ritroveranno questa sera a festeggiare i 70 anni, e sarà una serata di immensa nostalgia, ricordando i tempi che furono e la svolta che quella partita diede alla vita di molti dei giocatori. Tutto questo carico storie di sfide improbabili, sulle quali è stato scritto un numero di libri immensamente più grande di quanto non sia accaduto in qualsiasi altro stato, è finito nel 1997, quando anche l’Indiana, come quasi tutti gli altri ad eccezione di Delaware e Kentucky, ha deciso di suddividere i licei a seconda del numero di studenti: quattro categorie, ognuna delle quali esprime una squadra campione. In questo modo Davide non più più sconfiggere Golia ma al massimo un altro Davide più o meno simile. E addio poesia: sta accadendo sempre più spesso, ma è difficile rassegnarsi.

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