(foto LaPresse)

Il foglio sportivo

Ad Allegri mancano i risultati

Marco Gaetani

La grande restaurazione juventina è fallita, ma almeno alla Vecchia signora resta la Coppa Italia

Con la faccia di chi inizia a fare fatica persino a credere alle sue stesse parole, Massimiliano Allegri, subito dopo il 2-2 con l’Atalanta, si è presentato davanti ai giornalisti provando a guardare, per l’ennesima volta, il bicchiere mezzo pieno: “Abbiamo guadagnato un punto sul Bologna”, ha detto sornione, pronunciando una frase che se immaginata a inizio anno avrebbe fatto venire i brividi ai tifosi e ora pare racchiudere l’intero senso della sua seconda avventura bianconera. Doveva essere la grande restaurazione, il ritorno a una Juventus magari sporca e cattiva, ma vincente. A conti fatti è rimasto un solo proiettile da sparare, quello della Coppa Italia, per rinverdire i fasti del “vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”, inno al risultatismo del quale Allegri è stato alfiere incontrastato per anni. Aveva aspettato per due anni sulla riva del fiume, Allegri, rimanendo fermo mentre la Vecchia Signora si affidava a Sarri prima e Pirlo poi. La rivoluzione del bel gioco aveva funzionato solo in parte: uno scudetto nel turbolento anno del Covid con il tradizionale tracollo in Champions League, una Coppa Italia con il debuttante in panchina. Il ritorno al pragmatismo, però, non ha portato i frutti sperati. 

 

Ad Allegri e alla sua squadra, per quest’anno, va riconosciuto il merito di aver tenuto in vita la corsa scudetto almeno per qualche mese in una stagione nata sotto la cattivissima stella del pasticciaccio doping di Pogba e del terremoto scommesse per Fagioli. Una tenuta strenua che aveva più a che fare con un fattore mentale che tecnico, sgretolatasi in maniera repentina dopo il ko nello scontro diretto con l’Inter. Troppo più forte, tecnicamente, tatticamente e psicologicamente, la squadra di Inzaghi, che nel mese precedente aveva saputo affrontare la pressione di un inseguimento inaspettato e alla resa dei conti non ha tremato. Da quel giorno, la Juventus ha vinto soltanto una volta, con una zampata di Rugani arrivata all’ultimo respiro di una partita con il Frosinone a tratti agonica, portata a casa di pura voglia e grazie al talento e alla cattiveria calcistica di Dusan Vlahovic. Per paradosso, nel momento più difficile, la Juve ha anche saputo mostrare un’altra faccia, più sbarazzina: con Napoli e Atalanta si è vista la volontà di provare a proporre qualcosa di diverso, pur senza raccogliere successi e anzi, finendo scottata nel confuso epilogo del Maradona, teatro in cui avrebbe meritato persino qualcosa in più del pareggio e invece è uscita a mani vuote. Ma con l’Atalanta si è anche vista la sconvolgente facilità con cui i bianconeri hanno concesso i due gol di Koopmeiners, teorico obiettivo principale del prossimo mercato juventino: prima lo schema su palla inattiva che ha consentito all’olandese di sparare in porta a specchio spalancato come se fosse in allenamento, quindi la semplicità con cui Djimsiti si è calato tra le due linee bianconere schierate per servire l’imbucata che ha dato vita al 2-2. Mondi lontanissimi dalla solidità tipica del calcio di Allegri.

 

“L’obiettivo stagionale è il quarto posto”, continua a sbandierare il tecnico, nel frattempo scivolato a -17 dall’Inter e al terzo posto in classifica, scavalcato da un Milan i cui tifosi continuano a storcere la bocca per via della gestione di Pioli. La qualificazione in Champions League è di fatto al sicuro, quella al Mondiale per club è arrivata grazie agli scivoloni di Milan prima e Napoli poi nell’Europa che conta: la Juve del futuro ripartirà da questo e nei mesi che mancano darà la caccia a una Coppa Italia che sembra ampiamente alla portata dei bianconeri, impegnati in semifinale con una Lazio in cui regna un’atmosfera da fine del mondo. Ma poi? I contratti dicono che Allegri ha un altro anno di legame con il club eppure si ha fortissima la sensazione di una svolta imminente. Il direttore sportivo Giuntoli si è concesso un anno di ambientamento, in cui ha toccato pochissimo in chiave di mercato, ma all’orizzonte c’è un’estate decisiva e l’impressione che l’artefice dello scudetto del Napoli voglia imprimere il suo marchio anche in bianconero. Un’eventuale vittoria in Coppa Italia potrebbe bastare ad Allegri per garantirsi la conferma? Troppo potente la suggestione di un altro rientro, quello di Antonio Conte, che andrebbe a chiudere il grande cerchio dei ritorni a casa: l’uomo che aveva sbattuto la porta nell’estate del 2014, a ritiro già iniziato, dopo uno scontro frontale con la dirigenza bianconera. E sembra troppo affascinante anche l’ipotesi dell’arrivo di Thiago Motta, rampante come si conviene a chi deve mettersi al timone della nave bianconera, tecnico moderno come piace a Giuntoli, capace di dire no al Napoli post Spalletti soltanto un anno fa scommettendo sulla capacità di fare grande quel Bologna che ora Allegri utilizza come metro di paragone, in uno slancio di sottovalutazione dei propri mezzi che non dovrebbe appartenere a un club di tale blasone. Conte sarebbe la riproposizione di un passato vincente e ferocemente juventino (e non c’è big che apprezzi i ritorni come Madama, da Trapattoni a Lippi), Motta una mossa in linea invece, per esempio, con il primo Lippi, l’emergente che cerca la consacrazione anche in una grande.

 

Al tecnico non rimane che vincere quel che gli rimane da giocare e sperare che basti per legittimare quell’ultimo anno di contratto. “Tra noi e l’Inter non ci sono 17 punti di distanza. Dopo il pareggio con l’Empoli abbiamo perso un po’ di certezze, di concentrazione su tutta la partita. Dobbiamo ritrovare lo spirito di sacrificio avuto per mezza stagione”, ha dichiarato Danilo, leader incontrastato di questa Juve che dopo aver sognato la corsa scudetto si ritrova a metà del guado senza nemmeno averne colto i motivi fino in fondo. 

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