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Il Foglio sportivo

Il pensiero libero di Eziolino Capuano

Annarita Digiorgio

Una chiacchierata con l’allenatore del Taranto, schietto capopopolo di un calcio romantico

I bookmakers lo quotano come prossimo allenatore del Liverpool e della Juventus. Ma lui ora è l’uomo giusto al posto giusto e nel momento giusto. Eziolino Capuano, il Mini One, il vate, il totem, da quando allena il Taranto è diventato il capopopolo. Lo abbiamo incontrato per una chiacchierata durante il ritiro, in uno di quei momenti che lui chiama il sabato del villaggio. “Vincere è desiderio di tutti, sapersi preparare alla vittoria privilegio di pochi”: 16 punti in 8 partite e nessuna sconfitta in casa. Perché Eziolino riesce “a friggere i pesci con l’acqua minerale”. Il linguaggio è parte del suo successo.

Migliaia di fan da tutta Italia replicano le sue perle in capuanese: un misto tra forbito e maccheronico, napoletano e toscano. Se Dante sciacquava i panni in Arno, Capuano sciacqua l’Arno nei panni. Ma vive sempre a Pescopagano. Il 24 aprile sarà ospite, unico esponente di Serie C, alla festa dello sport organizzata dal Foglio a San Siro. “Sono onorato perché penso questo invito esuli dal rettangolo di gioco, ma è legato a ciò che ho prodotto a livello mediatico nel calcio attraverso la mia grande schiettezza e la libertà di pensiero che è la più grande virtù che dovrebbe albergare nell’essere umano. In un mondo che mi ha dato tanto, ma che è fatto di grande ipocrisia. Io sono un uomo di valori, appartengo alla vecchia generazione quella che quando ci si da una mano è come se si andasse dal notaio. Con Eziolino Capuano l’uomo viene prima dell’allenatore”.


Dopo venti anni è ritornato a Taranto. Una città che aveva lasciato capitale industriale del sud Italia, e invece ora vive una lacerante crisi occupazionale, sociale, e politica. Senza più riferimenti da quando persino il sindaco è stato sfiduciato da tutta la maggioranza che lo ha eletto (lo tiene in piedi l’ex candidato sindaco della lista “Taranto senza Ilva”). Ora i tarantini hanno finalmente un capo. “Sono un punto di riferimento per il popolo di Taranto in un momento in cui c’è Ilva, c’è la disoccupazione, ci sono tante situazioni difficili, ma non c’era un totem. Ci sono riuscito con questi risultati sul campo, ma anche oltre, e ora di Taranto si parla in mondovisione. Io da una parte ne sono fiero e orgoglioso, dall’altra cresce una responsabilità che non ti permette di vivere con tranquillità. Perché nel calcio c’è la malattia del disequilibrio. Io sono l’uomo del popolo che lotta per il popolo. Gioco per quelli che fanno l’amore in macchina perché i soldi per l’albergo li hanno usati per comprare il biglietto della partita. Questo non è uno sport come gli altri, è lo sport dei poveri, del sentimento. Io penso di aver ridato il senso di appartenenza a gente con tanti problemi che aveva accantonato il calcio, e di averlo riportato nel dna del popolo tarantino, che è sempre stata una delle tifoserie più calde, ma negli ultimi anni era lontana dallo stadio. Io oggi per il popolo tarantino sono sinonimo di garanzia e trasmetto questo sentimento che non finisce con la palla che rotola in mezzo al campo”. E infatti lo fa anche fuori dal rettangolo di gioco, proprio lì dove la politica latita: “Io ho dormito nel carcere minorile e ho allenato quei ragazzi sul serio come fossero la mia squadra, e oggi li sento ancora. Come i bambini in ospedale che lottano con la morte. La gioia non esiste, è un fatto estemporaneo, la sofferenza è quello che ti rimane”.


Quando è arrivato Eziolino l’anno scorso ha trovato una curva che disertava le partite interne, in polemica con la società. Il giorno di Pasqua, dopo l’ennesima vittoria, Capuano pianse davanti alla telecamera “non ha senso vincere con la curva vuota”. La lacrima gli scappa spesso: “La commozione è l’enfatizzazione dell’emozione”. Seconda stagione, prima partita derby in casa col Foggia, Eziolino riporta 13 mila tifosi allo Iacovone: “Questo è il mio più grande successo, più dei risultati. Aver risvegliato il sogno. Chi smette di sognare smette di vivere”. A fine gara si incendia lo stadio, per un petardo lanciato su dei rotoli di materiale infiammabile che il Comune aveva accatastato sotto la curva ospiti. Il Taranto gioca per due mesi fuori casa: “È incostituzionale, sto come il pazzo”. Torna allo Iacovone e le vince tutte. 
Ma il sogno è destinato a infrangersi. Come questo legame tra il capo e il suo popolo. La città di Taranto si è aggiudicata 4 anni fa la sede per i Giochi del Mediterraneo 2026. 270 milioni per gli impianti. Ma dopo 4 anni non è partito nessun cantiere. Il sindaco ed Emiliano avevano promesso di abbattere e ricostruire lo stadio. A due anni dall’evento il commissario del governo ha optato per una ristrutturazione da 38 milioni. Che però manderà il Taranto per due anni fuori dallo Iacovone. Il suo tempio. E mentre il sindaco Nardella annuncia lieto che la Fiorentina potrà continuare a giocare al Franchi durante la ristrutturazione (150 milioni di euro per i lavori entro il 2026), il sindaco di Taranto vuole mandare la squadra a Brindisi. “Non c’è decoro all’indignità”, gli risponde Capuano. “Voi amministratori non vi meritate il Taranto. Io sono il garante del popolo tarantino, che deve rimanere allo Iacovone che lo vogliate o no”.

Il video di Carmine, un anziano tifoso rossoblu che chiede in lacrime di vedere le ultime sue partite allo Iacovone, fa il giro delle tv nazionali. Tutta l’Italia si commuove e riscopre il calcio romantico, quello che Eziolino Capuano impersona. Il presidente della Figc Gabriele Gravina viene a Taranto (evento eccezionale per un campo di C) e promette “dovete rimanere allo Iacovone”. Ora la decisione è nelle mani del governo e di Sport e Salute che appalterà i lavori. Il 13 marzo riunione definitiva con Marco Mezzaroma. “Ma che serve avere un colosseo senza popolo?”, ci dice il totem. E tu hai raccolto ciò che meritavi? “Nella vita sì, nel calcio no, anche per colpa del mio personaggio”. Sei pentito? “Potevo gestire in maniera diversa tante situazioni, ma poi non le avrei potute raccontare con la dignità di oggi. Però quando magari fra tanti anni morirò, i miei figli potranno dire di aver avuto un padre che non è mai sceso a compromessi con nessuno e non ha mai barattato la propria dignità”. Eziolino non si pone limiti, ma sale “sulla giostra dei sogni, che non è qualcosa di irrealizzabile, è perseguire un fine non per te, ma per il popolo che conduci”.
 

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