Duvan Zapata (foto Ansa)

verso Torino-Lazio

A Torino Duvan Zapata è diventato un più che attaccante

Marco Gaetani

Dopo due stagioni e mezzo complicate all'Atalanta, il colombiano ha trovato in Juric una guida capace di riportarlo ai livelli di qualche anno fa

“Sto ripagando Juric dell’amore che mi ha dato da quando sono arrivato”, dichiarava un paio di mesi fa, con gli occhi lucidi, Duvan Zapata, estendendo il suo abbraccio a una piazza che lo ha fatto sentire importante. Aveva appena segnato due gol contro l’Atalanta, la squadra nella quale aveva finalmente messo a frutto tutto il suo talento, fisico e tecnico: in nerazzurro, il colombiano era stato a tratti straripante, partner ideale per esaltare le giocate di Gomez e Ilicic. Poi, però, qualcosa si era rotto, e non solo in un corpo che pareva non poter più sostenere uno sforzo fisico logorante e duraturo. Dopo un’annata triste e un’estate in vetrina, Duvan si è ritrovato a Torino: doveva andare da tutt’altra parte, a Roma, alla corte di José Mourinho, ma l’affare era saltato in extremis. Juric, dunque, e una squadra pronta a farlo sentire nuovamente importante come nelle prime tre stagioni di Bergamo, quando aveva segnato con una continuità che non aveva mai avuto prima (23-18-15 il ruolino realizzativo in quelle tre campagne nerazzurre di Serie A).

Eppure, per paradossale che possa sembrare per un centravanti, Zapata non è mai stato tipo legato ai numeri. Il suo gioco, per natura, guarda alla squadra, ai compagni da mettere in moto e in condizione di far male. Anche per questo, Juric ha dovuto cercare una quadratura diversa: voleva avere il meglio dal colombiano senza disperdere il patrimonio rappresentato da Sanabria. Ha limato qualcosa da entrambi e rinnegato in parte la sua visione di gioco: “Non mi piace giocare con due punte: abbiamo preso Zapata per avere una punta più forte, non per giocare con due centravanti”, aveva dichiarato a inizio stagione, Un tema, questo, ricorrente nei discorsi di Juric, che già due stagioni fa si era espresso in maniera netta, a parole e nei fatti, contro un sistema con due attaccanti, cassando ogni possibilità di far coesistere Sanabria e Belotti, perché “si finisce a giocare solo per loro, a me piace un calcio con più cambi di posizione: meglio avere un solo attaccante o addirittura nessuno, si è più imprevedibili”.

A fargli cambiare idea è stato anche il senso di sacrificio di Zapata, che è disposto a sobbarcarsi un lavoro mostruoso pur di far girare al meglio la squadra. Ha avuto bisogno di qualche settimana di apprendistato, di rimettersi a posto fisicamente, e nelle ultime uscite sono arrivati anche i gol: tre nelle ultime quattro partite, sei nelle ultime undici. Ma molto di quello che fa Zapata in campo non finisce sui tabellini, non ha nemmeno a che fare con gli assist: si è sobbarcato il ruolo di trascinatore di una squadra che da anni cerca di uscire dal limbo in cui finiscono i club che non hanno obiettivi, troppo in alto in classifica per guardarsi alle spalle, troppo in basso per poter mirare in alto. Al momento i granata si sono fatti fuori da soli, con due pareggi sanguinosi contro Salernitana e Sassuolo, formazioni in disarmo. Ma il calendario dice anche che la squadra di Juric ha una partita in meno rispetto al trenino che va dal quinto al settimo posto (Bologna-Roma-Fiorentina) e che quella gara, che si gioca giovedì, è contro la Lazio. Vincere vorrebbe dire salire al settimo posto: soprattutto, vorrebbe dire ridarsi un’ambizione tangibile in vista dell’ultimo terzo di campionato, quello decisivo.

Zapata sa come ci si sente a trovarsi in quelle posizioni di classifica: l’Atalanta aveva puntato su di lui dopo i primi due anni di Gasperini, vissuti a metà tra Petagna e Cornelius, funzionali ma con meno gol nelle gambe rispetto al colombiano. Ancora di più, dunque, servirà il suo esempio, per guidare un Torino che non raggiunge la fase a gironi di una competizione europea dagli ottavi di finale di Europa League agguantati nel 2015 grazie all’incredibile notte di Bilbao. Nel 2019, la squadra allenata da Mazzarri si era arenata contro l’ostacolo Wolverhampton negli spareggi, sempre in Europa League. Per restituire un po’ dell’amore ricevuto, Zapata ha in testa soltanto l’Europa. I gol gli interessano il giusto: ma aiutano, non c’è dubbio.

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