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Simone Pafundi a Losanna nel nome di Giancarlo Antognoni

Andrea Trapani

Il giovane talento dell'Udinese passa in prestito al club svizzero, lì dove il capitano della Fiorentina chiuse la carriera

Come ogni sessione di calciomercato che si rispetti esistono trattative che sembrano essere infinite. Quella di Simone Pafundi, oggi ufficializzato dal Losanna, è una di queste. Anche perché quando un club di Super League acquista un giocatore straniero, il rinforzo in questione ha buone probabilità di essere del tutto sconosciuto agli occhi del grande pubblico. Non è questo il caso, anzi è una sorpresa vedere il 17enne talento del calcio italiano firmare per una squadra svizzera.

 

L’Erasmus dei calciatori italiani

Sono finiti i tempi in cui il calcio elvetico poteva permettersi campioni come Karl-Heinz Rummenigge, l’attuale denominazione “Superlega” sembra essere più un esercizio di marketing che un marchio in cui credere veramente. Per questo il contratto che legherà Simone Pafundi al Losanna torna a far sognare, era da tempo che non si riusciva ad accendere i riflettori su quel che accade oltralpe. Non ce ne voglia Balotelli con la sua parentesi a Sion, ma l’arrivo dell’azzurrino è davvero uno di quegli eventi imprevedibili che risveglia l’attenzione sull’asse tra Italia e Svizzera. In realtà il rapporto tra le due nazioni è più forte di quanto non si creda visto che, soprattutto in tempi recenti, diverse promesse del nostro vivaio hanno preferito fare una specie di Erasmus calcistico tra i cantoni rispetto a un’esperienza nella Serie C italiana.

Gli esempi non mancano: Calafiori ha giocato nel Basilea come Sebastiano Esposito, lo stesso Gnonto si è messo in luce con lo Zurigo, Dimarco proprio con i vallesi del Sion. La presenza degli italiani non è mai mancata in Svizzera, basti pensare che attualmente ci sono oltre 700 calciatori con la nostra nazionalità in tutti i livelli calcistici elvetici. Peccato che solo tre di loro - anzi quattro da oggi - stiano giocando nella massima serie.

 

Quel campione del mondo a Losanna

Non sono mancati nemmeno gli azzurri: un campione del mondo come Gennaro Gattuso aveva scelto, nell’estate 2012, il sempre ambizioso Sion ma non fu il primo a scegliere la Svizzera dopo aver vinto la Coppa del Mondo. Nel giugno del 1987, quasi con la stessa sorpresa odierna, fu proprio il Lausanne-Sport ad annunciare l’arrivo di Giancarlo Antognoni.

Il buon Antonio – già 33enne - fece una scelta di vita dopo che, poche settimane prima, nel giorno dello scudetto del Napoli, aveva visto realizzarsi il passaggio generazionale della maglia numero 10 dalle sue spalle a quelle di Roberto Baggio. Antognoni lasciava l’Italia perché non voleva giocare in nessun'altra squadra della Serie A. Così la sua carriera si spostò sulle sponde del lago di Ginevra - guai a chiamarlo così a Losanna! – in un’epoca in cui il calcio viveva in un mondo di rapporti impensabile oggi. Poche settimane dopo il suo insediamento in città, rilasciò una lunga intervista a 24 Heures e con il giornalista Norbert Eschmann parlò a ruota libera del suo ruolo di ambasciatore presso la comunità italiana: “Vorrei che la gente sapesse che sono venuto qui per dare il massimo e non per prolungare una vacanza. Il calcio è difficile, molto particolare; qui è tutto diverso, anche se il livello di gioco non è paragonabile. (…) Ho capito che gli italiani in Svizzera si aspettano molto dalle mie prestazioni. Le mie responsabilità sono enormi. Devo fare in modo che gli italiani qui siano orgogliosi di me”. Con la maglia del Losanna chiuse la sua carriera con 7 gol in 50 partite. Non vinse alcun trofeo, ma è rimasto nel cuore dei tifosi tanto che tuttora continuano a invitarlo in città: una bandiera a Firenze, un simbolo in Svizzera.

 

L’eredità di Pafundi

La maglia del Losanna potrebbe essere un’eredità pesante per il giovane Pafundi. Per sua fortuna la vita della comunità italiana è assai diversa da quella degli anni Ottanta, non si chiede più a uno sportivo di colmare le mancanze dell’integrazione, ma ha una sfida altrettanto difficile da vincere. Non ne ha colpe, ma la sua carriera per ora ricorda la trama del curioso caso di Benjamin Button: l’esordio a soli 16 anni in Nazionale è un obiettivo realizzato, forse troppo presto. Quella che all’inizio sembrava una discesa, in realtà potrebbe essere una salita. Spesso ci si dimentica che stiamo parlando di un adolescente: Pafundi, 18 anni il prossimo 14 marzo, statistiche alla mano, per ora ha giocato solo sette minuti in A, curiosamente proprio contro la Fiorentina, uno con la Nazionale maggiore oltre a una dozzina di presenze con le rappresentative Under. Troppo poco. Lo stesso Antognoni, per continuare nel parallelismo, giocò la sua prima partita in azzurro appena ventenne ma dopo ben 50 partite in Serie A.

Pafundi dovrà conquistare la fiducia della nuova squadra: a Losanna è arrivato un nuovo proprietario prestigioso ma sta lottando per salvarsi. Non è più la squadra di un tempo, viene da alti e bassi in seconda divisione e il suo primo obiettivo è la permanenza in Super League. Insomma, non c’è tanto spazio per continuare a raccontare una favola.

Giocare all’estero è come firmare in anticipo una cambiale sulla propria maturità, difficile immaginare che una proprietà ricca come la Ineos sia disposta a concedergli un palcoscenico senza un ritorno dell’investimento. Da Udinese arriva con la formula del prestito, ma il diritto di riscatto è soprattutto sul campo. Per Pafundi e per la Nazionale.

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