Luis Muriel - foto Ansa

Il Foglio sportivo

Il gol più bello del 2023 l'ha segnato Luis Muriel

Giuseppe Pastore

C'è tecnica e sentimento nel colpo di tacco con cui l'attaccante ha sorpreso Maignan al minuto 95 di Atalanta-Milan del 9 dicembre. Ecco due ragioni per cui è il miglior tiro dell'anno

Il gol più bello e più gratificante del 2023 lo ha segnato Luis Muriel al minuto 95 di Atalanta-Milan del 9 dicembre. È il gol più bello dell’anno per almeno due ragioni.

La prima ragione è di natura tecnica. Entrato da pochi minuti con la consueta indole da gatto del Bengala che gioca col gomitolo, è Muriel stesso ad avviare l’azione, scaricando su Koopmeiners per poi puntare con decisione l’area, mentre la palla viaggia da Koopmeiners a Miranchuk, che la fa passare oltre Tomori pescando Muriel che ha seguito benissimo tutto il discorso, certamente meglio dello sprovveduto Adli che se lo vede sfilare davanti. Il controllo orientato è ottimo, tuttavia l’angolo di tiro è molto stretto, ulteriormente ridotto da Maignan che deve badare solo a coprire il primo palo. Impossibile che Muriel, con il corpo in quella posizione, riesca a piazzargliela sul secondo palo. Impossibile, a meno che... a meno che Muriel peschi dal cilindro una soluzione tecnica sconosciuta ai pensieri del 99 per cento dei suoi colleghi di Serie A, che opterebbero banalmente per la stangata fortissima sul primo palo, schiantandosi quasi certamente sulla marmorea opposizione di Maignan. Invece Muriel ha la geniale lucidità di pensare che le Indie si possano raggiungere anche navigando verso Ovest: volge le spalle alla porta e al mondo intero e con il tacco del piede destro s’inventa un colpo da biliardo impensabile che ha anche il pregio di appagare il pubblico da un punto di vista estetico. Non è un semplice gol decisivo al 95’ di uno scontro diretto per l’Europa: è anche un gesto tecnico di sontuosa pigrizia eseguito con l’onnipotenza stilistica di quelli che a biliardo mandano la palla in buca facendosi passare la stecca dietro la schiena. L’abusata battuta di George Best a Johan Cruijff (“Tu sei il più forte, ma solo perché io non ho tempo”) trova in questa giocata piena applicazione. Un colpo di scena che si colloca tra il genio pigro di un Savicevic e la cattiveria di un puntero sudamericano, per esempio un Luis Suarez cui un numero del genere era riuscito in un Barcellona-Mallorca del 2019.

È il gol numero 102 di Muriel in Serie A, ma da come esulta è chiaro che è uno di quelli che gli ha dato più gusto: inizia ad agitare la mano destra come se stesse sbattendo lo zabaione, in segno di estrema soddisfazione, mentre dribbla tutti i compagni che provano ad abbracciarlo. Davanti a un gol del genere non valgono i pensieri mediocri da social-frustrati che accompagnano per esempio un gol da centrocampo (“ma Dimarco voleva crossare o tirare?”) o una rovesciata (“se Ngonge la rifà altre cento volte la palla finisce al secondo anello”). Nossignori, si può solo alzarsi e applaudire. Anche perché, per ribadire il concetto, Muriel continuerà a esibirsi per tutta la settimana: due giorni dopo a Zingonia in allenamento, con un gol identico catturato purtroppo solo dalle telecamere interne, e il giovedì successivo, in Europa League contro i polacchi del Rakow, due volte in tre secondi, la seconda colpendo il palo.

La seconda ragione è sentimentale. È vero, si è trattato di un gol di importanza capitale nel breve periodo; ma al momento in cui scriviamo l’Atalanta è ottava, avviluppata in un campionato senza capo né coda, chiaramente distratta dal pensiero dell’Europa, per alzare finalmente qualche coppa per nobilitare l’intero ciclo gasperiniano. Una settimana fa ha perso a Bologna 1-0 e nella mezz’ora che ha avuto a disposizione Muriel ha sbagliato praticamente ogni pallone. Gol del genere non hanno alcun potere balsamico o taumaturgico su chi li realizza; non svoltano le carriere, non stanno lì a indicare che “un altro calcio è possibile”. Prendiamoli semplicemente per quello che sono: bagliori inspiegabili di bellezza indicibile, aurore boreali che ci piombano tra capo e collo in un qualunque sabato pomeriggio pre-natalizio, e se non siamo pronti a fermare l’attivo, dopo trenta secondi già non ci sono più. 

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