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Il Foglio sportivo

“Questo Ferrari è proprio mio padre”. Parla Piero, il figlio di Enzo

Umberto Zapelloni

Al cinema a vedere il film di Michael Mann, con l'erede del Drake: “Si racconta un anno tragico, il 1957, ma alla fine ha vinto lui”

Quando Piero si è rivisto bambino accanto a suo padre un po’ si è commosso. “Ero proprio un bel bambino, anche se non così carino...”. È stato un tuffo indietro nel tempo, nella memoria di un ragazzino di 12 anni che stava cominciando davvero a capire chi fosse suo padre. Metti una sera all’Auditorium Enzo Ferrari di Maranello dove è stato presentato in anteprima il film di Michael Mann sul Commendatore. Ci sono Piero, la moglie Romina, tanta gente della Scuderia. Piero è già stato all’anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia a settembre e lunedì scorso a Londra, ma è la prima volta che lo vede doppiato in italiano (un po’ di parlata emiliana avrebbe funzionato meglio...). Ha visto e rivisto il filmone hollywoodiano dedicato a suo padre, regalando la sua approvazione. “La storia è vera e raccontata bene. Certo, i dialoghi non sono autentici, ma adattati alle esigenze cinematografiche. Però ne esce bene mio padre”. Più di due ore che raccontano soprattutto l’uomo in uno degli anni più difficili della sua vita, il 1957, quello della Ferrari Primavera con i suoi piloti giovani, ma anche quello dell’ultima tragica Mille Miglia con tre Ferrari ai primi tre posti e, soprattutto, il drammatico incidente di Guidizzolo che costò la vita ad Alfonso De Portago e a nove spettatori tra i quali cinque bambini.

  

 

Ferrari stava attraversando un momento particolare con l’azienda in brutte acque finanziarie e la famiglia spaccata. Se n’era appena andato l’amato figlio Dino e la moglie Laura (interpretata da Penelope Cruz) aveva scoperto che Enzo aveva un altro figlio, Piero, arrivato dalla sua storia d’amore con Lina Lardi. Anni duri anche per il piccolo Piero a cui quel padre ingombrante regalava dolcezza e anche i Topolino da leggere. Per molto tempo fu costretto a non esporsi e solo molti anni dopo venne ufficialmente riconosciuto, potendo finalmente prendere il cognome del padre di cui è rimasto l’unico erede, con una somiglianza tale che avrebbe potuto interpretarlo lui senza dover ricorrere al trucco. “È la storia solo del 1957, le tragedie di quell’anno, la morte di Castellotti e poi di De Portago, del suo navigatore e di nove spettatori alla Mille Miglia – racconta Piero – sono raccontate le tragedie delle corse di quei tempi, in più vengono a galla le difficoltà dell’azienda con mio padre che deve pensare al futuro mentre la moglie Laura scopre l’esistenza di una seconda famiglia con me e mia madre Lina. Un momento molto particolare della sua vita  che non era mai stata descritta prima in questo modo neppure nei libri scritti da lui. Michael Mann ha portato sullo schermo un momento così difficile con grande garbo e alla fine mi fa piacere veder raccontare anche un periodo così drammatico della vita di mio padre, soprattutto perché poi sappiamo che alla fine ha vinto lui riuscendo a realizzare il suo sogno”.

 

Michael Mann ha cominciato a pensare al film su Ferrari negli anni Novanta, dopo aver letto il libro di Brock Yates. Ma non era mai arrivato al dunque. L’operazione non era delle più semplici, anche perché il budget è di quelli importanti. “Michael Mann che è un grande regista e anche un proprietario Ferrari era venuto spesso a trovarmi negli anni – ricorda Piero – Una volta era venuto con un’ altra stella come Sidney Pollack a dirmi vogliamo fare un film su Enzo Ferrari… Poi era tornato con un’altra star che avrebbe dovuto interpretare mio padre, Christian Bale. Fin dalla prima volta gli avevo detto di farmi leggere la sceneggiatura. Quando l’ho letta l’ho approvata e finalmente nell’estate del 2022 sono cominciate le riprese”, racconta Piero Ferrari. Adam Driver, due volte candidato all’Oscar, non assomiglia a Enzo Ferrari, ma lo interpreta in modo convincente. “È venuto a trovarmi, si è informato con grande umiltà su mio padre, ha chiesto, ha preso appunti. Un grande professionista, lo ha caratterizzato bene. Non assomiglia a Ferrari, ma lo interpreta bene”, racconta Piero che capisce la polemica scatenata da Favino a Venezia (“Sono stanco di accettare che attori stranieri interpretino italiani come Ferrari”), ma non la segue: “Capisco Favino che aveva già partecipato al film su mio padre di Castellitto e aveva interpretato Regazzoni in Rush, ma questa è una grande produzione americana e il regista ha evidentemente preferito scegliere un attore famoso a livello internazionale, mondiale. E il cast alla fine è di altissimo livello con Adam Driver, Penelope Cruz, Patrick Dempsey che interpreta molto bene Taruffi e anche Shailene Woodley che è bravissima a interpretare mia madre. Anche lei ha voluto conoscermi prima di girare il film per chiedermi di mia madre, per cercare di entrare meglio nel personaggio e devo dire che c’è riuscita bene”.


Nel 1957 Piero Ferrari era poco più di un bambino: “Me li ricordo bene quegli anni perché a 12 anni cominci a frequentare le scuole medie, ad avere relazioni differenti da quelle che avevi avuto all’asilo o alle elementari. La gente sapeva che ero figlio di Enzo Ferrari, ma nessuno faceva domande. In quei tempi il divorzio non esisteva e avere figli al di fuori del matrimonio era illegale. La mia situazione non era semplice anche se nessuno me l’ha spiegata fino ad un certo punto. Però anche se tra bambini spesso si sentono dei racconti di cattiverie, nessuno dei miei compagni mi ha mai detto nulla e anzi crescendo sono rimasto in buoni rapporti con quelli con cui poi sono arrivato alla maturità. Ancora adesso ogni anno facciamo una cena di classe”. Il viaggio nei ricordi continua. 

  

Nel film non appaiono le vetture originali, ma delle ricostruzioni praticamente perfette: “Sono repliche che anch’io guardando il film ho avuto il dubbio che fossero autentiche. Sono riprodotte in un modo fantastico e anche il rombo dei motori è perfetto. Ha fatto delle ricerche ed ha registrato il suono dei motori dell’epoca. Sembra davvero tutto autentico. D’altra parte Mann è un perfezionista e mi raccontano che spesso faccia rifare il ciak tante volte. Ma il suo Ferrari non vuole essere un film sulle corse. È piuttosto un film sull’uomo Ferrari, un film su mio padre in un momento complicato che lui ha saputo superare. Io a quei tempi avevo capito chi fosse, quando veniva a trovarci parlava sempre di auto e ogni tanto veniva a trovarmi con una macchina nuova da provare. Gli piaceva provare le sue auto. Una cosa che mi ha passato perché anche a me piace molto provare le nuove auto, anche se adesso sarà difficile scendere dal Purosangue che è un suv che però puoi guidare come una vera Ferrari”. Un capolavoro che sarebbe piaciuto pure a suo padre. Come il film. Anche per le attrici che hanno interpretato le donne della sua vita. L’applauso dell’Auditorium a fine proiezione conferma che il film è piaciuto anche a chi ha la Ferrari nel cuore.

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