Il Foglio sportivo - Il ritratto di Bonanza

Il sorriso di un campione

Alessandro Bonan

Un grande atleta quando cade impara e si rialza, Ma sorride solo quando vince

Come un pendolo, oscilliamo. Chi vince è un campione, chi perde è un bidone. Due estremi che in teoria non si toccano mai e che invece noi, poveri osservatori, fenomeni di banalismo (neologismo, chi mi segue?), tocchiamo ogni volta, catapultandoci da una parte all’altra con parole definitive che poi definitive non possono essere mai. Leao, per esempio, che cos’è? Quando segna o fa segnare è un campione, quando disperde tutto in inutili sorrisi, l’esatto suo contrario. 

In realtà, come sempre, la verità sta nel mezzo e ci sono sfumature che facciamo fatica a cogliere. Leao attualmente è un giocatore fortissimo che non ha ancora capito lo sforzo da compiere per realizzare un salto di qualità. Non è al momento un campione (lo diventerà?), per la pigrizia con cui approccia alle partite più difficili, con avversari più forti, dove interrompe il dialogo tra ciò che fa e ciò che in teoria dovrebbe fare. Quindi si esalta quando si affida all’istinto (campionissimo) rendendosi prevedibile quando questo non gli può bastare.

Ma il calcio di oggi, di sempre, non è solo istinto, è anche consapevolezza. Ci sono calciatori infinitamente meno forti di Leao che attraverso l’esercizio (cioè l’applicazione di un pensiero) migliorano tantissimo, tanto da riuscire a trovare sotto la pressione di una partita la giusta soluzione al di fuori della giocata istintiva. Ci sarebbero mille esempi, ne scelgo uno su tutti: Bonaventura. A 34 anni, Bonaventura non ha più lo spunto di una volta, ma ha sviluppato una coscienza calcistica di altissimo livello. Questo lo porta quasi sempre a indirizzare le sue giocate verso la migliore delle soluzioni. Essere come Bonaventura è difficile (giocatore di rara intelligenza), ma si può tendere al suo modo di concepire la professione. 

Questo è il punto. Non deve essere facile se, proprio nella Fiorentina, c’è un altro caso Leao (con le dovute proporzioni). Parliamo del giovane (ormai ex, 24 anni) Sottil. Ha mezzi fisici impressionanti e una tecnica niente male (osservate il gol segnato giovedì in coppa). Quando parte palla al piede diventa imprendibile, poi con l’avvicinarsi della porta si scompone, inciampa e cade (metafora). È successo sin qui con una puntualità disarmante. Bisognerebbe prendere ad esempio anche altri sport, magari il tennis, gioco individuale dove la testa conta come, e forse anche di più, di tutto il resto. In Italia abbiamo Sinner che progressivamente sta correggendo tutti i suoi difetti. In ogni partita fa mille cose che prima non gli riuscivano. Tutte le volte che perde, non resetta ma sfrutta la memoria per correggere gli sbagli. Così, viene sconfitto da Shelton e un paio di settimane dopo, lo batte, cambiando soprattutto il modo di rispondere al micidiale servizio dell’americano. Ecco che cosa fa un campione! Cade, si rialza e impara. Sorride soltanto quando vince. L’unico regalo che si concede.