Sul green
Il trionfo inaspettato di Brian Harman all'Open Championship
Mentre cadeva una pioggia persistente e soffiava una rarissima bonaccia, il golfista americano conquista la vittoria su uno dei green più antichi d'Inghilterra: il Royal Liverpool
Un altro Open Championship, un altro capitolo di una leggenda. Non c’è competizione, non c’è major che tenga, è una questione di tradizione, di lotta continua tra prodezza e natura, di un torneo che ogni anno si rinnova, ogni estate su un campo diverso. Siamo a Royal Liverpool, tra i più antichi green d’Inghilterra, qui si svolse il primo torneo nazionale amateur, qui vinsero Harry Vardon, J.H. Taylor e il leggendario ambidestro francese Arnaud Massy, primo non britannico a vincere l’Open prima di Bobby Jones, di Fred Daly, di Peter Thomson, prima degli ultimi successi di Tiger Woods nel 2006 e di Rory McIlroy nel 2014. Era lui anche stavolta il grande favorito,primo e unico giocatore della storia a completare il Northern Triple, Scottish, Irish e Open Champion, il terzo titolo proprio qui. In gran forma dopo la vittoria della scorsa settimana in Scozia e pronto ad affrontare le difficoltà del percorso come la famigerata buca 17, appena rifatta, la vera novità del percorso di Hoylake. Nemmeno proibitiva per lunghezza, 140 yards certamente per tutto il resto, sabbia davanti e dietro un green rialzato e ondulatissimo, bunker profondi a destra e a sinistra e soprattutto un paesaggio mozzafiato, il Galles a due miglia di distanza e il vento dal mare che trasformano un qualunque colpo in bandiera in una specie di miracolo.
Tante insidie su un campo poco praticato, soprattutto dai campioni d’altre oceano, non a caso tutti a chiedere consigli all’eroe locale, Matthew Jordan, arrivato dalle qualifiche. Grande tifo per lui e decine di video, dai Super 8 a sei anni con caschetto biondo e un putter più grande di lui fino alle immagini, vent’anni più tardi, di un birdie alla 16 che giovedì l’ha portato per un breve, insostenibile attimo in testa il torneo sul campo di casa. Due ore prima di cedere il momentaneo scettro a Christo Lamprecht, gigante sudafricano dal tocco fino, alla fine silver medal, primo dilettante in testa dopo il primo giro dell’Open Championship. Nessuno dei due riuscirà a eguagliare John Ball, golfista di Hoylake, il più grande dilettante inglese della storia del golf, che qui vinse il primo dei suoi otto titoli Amateur cui si aggiunse l’Open Championship a Prestwick nel 1890. Si è capito subito che il torneo avrebbe riservato delle sorprese, forse per questo al terzo giro John Rahm ha cominciato a fare sul serio. Ancora tre colpi sopra il par dopo 32 buche, 10 birdie e solo un bogey nelle successive 22 buche, regolarità impressionante soprattutto sui par quattro, dritto e preciso nel drive, approccio in bandiera, putter infallibile, un giro da manuale. A quel punto pensavano tutti che con un quarto giro allo stesso livello avrebbe sbagliato tutti, soprattutto Brian Harman. Il trentaseienne americano di Savannah, non così improbabile leader dopo tre giri, gli era accaduto anche nello US Open del 2017, soprattutto con gran distacco, cinque colpi sul secondo dopo 36 buche e vantaggi mutato dopo 54 buche.
Con gli scalpitanti McIlroy, Rahm e il redivivo Tommy Fleetwood alle spalle, nessuno avrebbe giocato un penny sulla sua sopravvivenza, forse nemmeno gli amici di Harman, soprattutto dopo averlo visto giocare un po’ contratto le prime buche dell’ultimo giro. Fin da subito qualche disavventura. Un drive in rough alla buca 2, una delle più delicate di Hoylake, un par quattro spesso decisivo. Nel 1967 segnò la vittoria di Roberto de Vicenzo, tutti birdie per lui in quella buca, per superare Jack Nicklaus, Gary Player e Clive Clark, unico major per El Maestro, il campione gentiluomo, elegantissimo, che avrebbe potuto vincere molto di più se solo non avesse vissuto sempre in Argentina. Forse ispirato dal grande argentino, Brian Harman non si è lasciato prendere dal panico, anzi ha dimostrato sangue freddo da grande campione, nonostante una seconda disavventura alla buca 5, un drive in un cespuglio che gli è costato un altro colpo perso. Molti hanno pensato fosse il segno della sua fine. Tutto il contrario, esattamente come nei due giri precedenti, due ferri perfetti, due putt al centro della buca, un doppio birdie per ristabilire la distanza, poi tanta regolarità e ancora due birdie sulle back nine, mentre la pioggia persistente e una rarissima bonaccia rendevano il campo sempre meno pericoloso. Harman ne ha tratto grandissimo vantaggio, un trionfo inatteso ma sicuro, tre par nelle ultime cinque buche e alla fine sei colpi di vantaggio su John Rahm e a pari merito, in recupero, Tom Kim, Sepp Straka e Jason Day, a modo loro tutti soddisfatti per un secondo posto che non poteva essere migliore. Terzo mancino della storia a portarsi a casa la Claret Jug, le parole misurate e un largo sorriso, Brian Harman questo weekend ha sfoderato il gioco giusto per domare Hoylake e per lasciare a tutti gli altri, sotto una pioggia sempre più scrosciante, solo un pugno di briciole inzuppate.
sotto la tour eiffel