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Il Nuovo Tour

Al gran spettacolo saudita del golf risparmiateci almeno gli inguardabili bermuda

Corrado Beldì

Ad annunciare la fusione del Pga e del Liv Golf non poteva che essere Phil Mickelson. Si salva solo la Ryder Cup, l'unico torneo in cui si gioca solo per la bandiera, nessun premio se non la gloria, la squadra vince il petroldollaro

Una telefonata inattesa, l’invito a colazione in centro a Londra, una stretta di mano e diciotto buche l’indomani a Wentworth, altre riunioni e in meno di un mese un accordo che sembrava impossibile. “Awesome day, today”. Il tweet all’alba del golfista simbolo degli esuli. Ad annunciare la fusione tra Pga e Liv Golf non poteva che essere Phil Mickelson, la sua fuga verso il tour saudita dopo aver vinto il suo settimo major aveva suscitato molti dissapori tra i colleghi: con il marchio Kpmg sul cappellino, il testimonial perfetto non poteva che essere lui. Due ore dopo, in diretta sulla Cnbc per gli approfondimenti finanziari, Yasir al Rumayyan, a capo del fondo saudita Pacific Investment Fund, e Jay Monahan, ceo del Pga Tour, si sono presentati col sorriso, dopo un anno di lunghissimi coltelli, per spiegare il deal. L’unica soluzione possibile, come predetto mesi fa da Donald Trump.

Quando gli arabi hanno investito 2 miliardi di dollari nel nuovo tour a 54 buche, gli equilibri del golf mondiale non potevano che cambiare. La Pga ha provato a resistere. Ha escluso i transfughi dalle classifiche. Ha tentato di respingerli, senza riuscirci, dai tornei del grande slam e ci è riuscita solo per la Ryder Cup. La vera diga erano i diritti tv ma quando il Cw Television Network ha firmato un contratto per trasmettere quattordici eventi del Liv Golf allora si è capito che un compromesso sarebbe stato inevitabile. Come nella grande distribuzione e nell’industria delle materie prime, anche nello sport è tempo di fusioni. Tre mesi fa, l’intesa tra World Wrestling Entertainment e Endavor Group Holdings ha messo fine e un analogo conflitto nel wrestling. I futuri André the Giant e Hulk Hogan potranno tornare a esibirsi sullo stesso ring e così sugli stessi green anche i migliori golfisti al mondo. Il patto di ieri porterà probabilmente a un tour mondiale che dovrebbe comprendere anche il DP Tour, il vecchio circuito europeo ormai aperto al sud-est asiatico. Un circo globale, spettacolare e ricchissimo che proverà a intaccare il dominio del calcio, incurante dei mal di pancia sempre più acuti tra i soci dei vecchi circoli britannici, tra giacche di tweed e pantaloni con la piega ben stirata, dove il denaro non si menziona mai e l’etichetta conta più di qualunque cosa, dove il golf è diventato un segno di perenne eleganza. 

Così, mentre i famigliari delle vittime dell’11 settembre protestano per l’abbraccio ai sauditi, mentre il Pga esulta perché gli arabi li copriranno di soldi, mentre Tiger Woods attende con fastidio il ritorno dei Dustin Johnson e dei Brooks Koepka, mentre Henrik Stenson rimpiange ancora la sua esclusione forzata della Ryder Cup, gli unici che perderanno davvero il sonno sono i soci di vecchi circoli che potrebbero trovarsi a dover ospitare tornei miliardari con regole di comportamento miste, giocatori in bermuda, maxi  schermi, altoparlanti che commentano i colpi e cannoni che sparano coriandoli alla prima hole in one, tutte cose che una come mia madre, per fare un esempio di golfista tradizionale, non vorrebbe dover subire per alcuna ragione al mondo.

Forse la Ryder Cup, l’unico torneo in cui si gioca solo per la bandiera, Stati Uniti contro Europa, diventerà un’allegoria, dalla prossima edizione di Roma, del vero senso del golf. Nessun premio se non la gloria, la squadra vince sul petroldollaro. Valgono solo le regole codificate dal Royal and Ancient Golf Club of St Andrews e i valori espressi al meglio da Bobby Jones, leggenda assoluta di tutti gli sport. Dominò il golf negli anni Venti come nessuno prima e dopo scelse di restare dilettante e di continuare a fare l’assicuratore, due lauree in ingegneria e letteratura, uno swing impareggiabile, il farfallino e le scarpe bicolori e mai un paio di pantaloni corti, nemmeno nel parcheggio del circolo.

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