Luciano Foschi in una foto d'archivio (LaPresse)

Il Foglio sportivo

La Pec che rovinò la festa del Lecco. La Serie B a rischio dopo la promozione

Emmanuele Michela

Domenica sera la squadra celebrava il passaggio al secondo campionato italiano, mercoledì scopriva che manca il nulla osta per l’iscrizione: richiesta respinta. “Ma io ho speranza, non c’è niente di gravoso”, ci dice l’allenatore Luciano Foschi

Dal paradiso all’inferno, sola andata, e in nemmeno 3 giorni. “Ma io ho speranza: non c’è niente di gravoso. Manca solo una firma che è arrivata il giorno dopo”. Luciano Foschi è in una lavatrice, parla tra un incontro in comune e un pranzo di lavoro, in una settimana dove la Lecco calcistica non sa più a quale stato d’animo credere. Domenica sera la squadra che allena si sedeva a cena per festeggiare una storica promozione in Serie B, sudata sul campo al termine di una corsa playoff gagliarda. Mercoledì mattina, però, il caffè va di traverso: nella documentazione spedita il giorno prima alla Lega Serie B per iscrivere i blucelesti alla cadetteria manca qualcosa, in particolare il nulla osta della prefettura di Padova, sede indicata dalla dirigenza lombarda quale campo per le gare casalinghe – in attesa di capire se e come il Rigamonti-Ceppi sarà adeguato per la nuova categoria. La Pec è arrivata, a dire il vero, al mattino di mercoledì, ovvero già oltre scadenza, quanto basta per dire che a tutti gli effetti la richiesta di iscrizione rischia di essere respinta.

 

Il Lecco dalla sua alcune attenuanti le ha, a partire dai pochi giorni avuti a disposizione dopo il successo ai playoff, partiti a maggio con una settimana di ritardo rispetto al previsto senza che però venisse prorogato il termine per le iscrizioni alla B. “Di chi è la responsabilità di questo? Non basta dire che ci dovevamo pensare prima. No, occorreva metterci nelle condizioni di avere il tempo di fare tutto”. Una situazione paradossale, senza precedenti, che a Brescia e Perugia guardano con favore nella certezza di un ripescaggio dei due club retrocessi dalla B, mentre a Lecco si preparano alla battaglia che passerà quasi certamente dalla via di un ricorso. “Sul campo abbiamo vinto e siamo tornati in B, questo non ce lo può togliere nessuno. Un traguardo che la città aspettava da 50 anni rischia di essere buttato via così…”. Sarebbe un torto vero per una squadra che al traguardo è arrivata da underdog: in campionato il motore si è spesso inceppato – 11 sconfitte durante la regoular season – mentre la cavalcata playoff è stata un crescendo di meraviglie, che hanno visto il Lecco eliminare in serie Ancona, Pordenone, Cesena e Foggia. Foschi ancora non si spiega cosa sia successo: “A volte si innescano meccanismi tutti assieme che fanno sì che tutto vada in una certa direzione”. L’arma in più? “Chiunque ci affrontasse diceva che eravamo lì per caso, e questo ha avuto l’effetto di far crescere la nostra autostima. Questa squadra ha ‘smerdato’ tutti”. 

 

Lo sanno bene a Pordenone, vittorioso a Lecco 1-0 ma travolto 3-1 al ritorno (“per me quella gara è stato il vero capolavoro”), lo sanno anche quelli del Cesena, che sul Lario hanno impartito lezioni di calcio vincendo 2-1, per poi trovarsi al Manuzzi in balia dei blucelesti, bravi a trovare il gol dell’1-0 e quindi vittoriosi ai rigori. E, lo sanno anche i calciatori del Foggia, spinti da un tifo caloroso in finale, infuriati per qualche errore di troppo dell’arbitro nella gara di andata, ma puniti da 5 reti del Lecco su due partite. E pensare che Foschi ad allenare i blucelesti è stato chiamato a settembre inoltrato, dopo mesi di inattività, per rimediare a un inizio di stagione pallido sotto la guida di Tacchinardi. In città si temeva addirittura di retrocedere in D: “Mi contattò il presidente: io avevo visto alcune partite, e mi pareva che questa squadra avesse espresso meno di quanto potesse fare”. Così è cominciata una musica diversa: da lì a poco il gruppo è cresciuto, e già a fine ottobre era all’altro capo della classifica.

 

“Qui ho sempre detto che sarei venuto anche a piedi ad allenare. Quando ero calciatore, negli anni Novanta, ero amato dalla Curva perché ero un centrocampista che faceva gol, 9 in 2 anni. Così si è creato un rapporto di simpatia che è rimasto vivo: con alcuni ex giornalisti ho tenuto il legame, così come con alcuni ex compagni che erano di qua”. Foschi ricorda due aneddoti, quando cioè pagò il biglietto di ritorno ad alcuni tifosi da Sassari, o quando, nel 1997, finì alla Viterbese e giocò contro il Catanzaro: “Molti supporters del Lecco erano calabresi, quindi erano venuti a vedere quella partita: mi fecero giurare che se avessi segnato non avrei esultato. Io presi l’impegno senza pensarci troppo, ma vincemmo 1-0 proprio con gol mio. E non esultai. Ciò è rimasto vivo nella memoria delle persone di allora, e mi fa specie pensare che oggi condivido la gioia della promozione con i figli di quei tifosi”. Una storia grandiosa, troppo bella da cancellare per una Pec arrivata in ritardo.

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