Un altro Giro

Ciclismo e cucina "hanno lo stesso traguardo: la felicità". Parla lo chef Davide Oldani

Marco Pastonesi

“La bici, così come pedalo io, in maniera non violenta, quasi zen, regala benessere all’anima e al corpo. Esco di casa, raggiungo i navigli e lì trovo silenzio, tranquillità, profondità". I ricordi, le pedalate, i Giri d'Italia di uno chef in bicicletta

Il primo amore è stato il pallone da calcio: “A 16 anni giocavo in C2, poi un infortunio mi ha tolto dai campi e messo sulla strada. A ripensarci, forse è stata la mia fortuna”. Perché il secondo amore è stato la bici da strada: “La bici, così come pedalo io, in maniera non violenta, quasi zen, regala benessere all’anima e al corpo. Esco di casa, raggiungo i navigli e lì trovo silenzio, tranquillità, profondità. E natura. La bici è divertimento, piacere, allegria. E’ spensieratezza, leggerezza, serenità. E’ anche concentrazione, attenzione, ispirazione. E poi riflessione, scarico, ricarica. In una sola parola: la felicità”.

Oldani. Non Stefano Oldani, il corridore milanese della Alpecin-Deceuninck, ma Davide Oldani, lo chef stellato di D’O nel Milanese, a San Pietro all’Olmo. Il suo Giro d’Italia è davanti alla tv e nella memoria, nei luoghi e nei sapori, nei piatti e nei profumi. “Mio padre mi raccontava di Gino Bartali e Fausto Coppi, la tv mi ha trasmesso Felice Gimondi e Eddy Merckx, la passione mi ha portato a Francesco Moser e Beppe Saronni, che poi ho conosciuto, e di Moser ho bevuto perfino i suoi vini trentini. Ho conosciuto anche Davide Cassani, e con lui condivido quel modo di vivere la bicicletta per godersi la vita”.

   


La corsa rosa è un giro di ricordi e sogni, avventure e disavventure, imprese e crisi, storie e passioni. Un altro Giro è la rubrica di Marco Pastonesi che ci accompagnerà strada facendo sulle strade del Giro d'Italia 2023 


         

E allora la bicicletta come vita: “La prima felicità fu una biciclettina da bambino. Aveva il freno a contropedale, noi lo chiamavamo a Torpedo. Poi una squadra di ciclismo, la Coime, a Cornaredo. E ancora adesso mi circondo di bici: due bici Colnago e due bici Bianchi, una da città, una ibrida e due da corsa. E ce n’è una quinta, la più affettuosa: una Rossignoli, con il seggiolino posteriore per mia figlia”. La bicicletta anche come stile di vita: “Pedalo da solo, pedalo con me e dentro di me, pedalo in base alle mie energie e al mio stato d’animo, pedalo a forza di sensazioni ed emozioni. Solo una volta ho partecipato a una corsa, anche se non competitiva, ma molto impegnativa, la Granfondo Felice Gimondi, quella del 2014, nel Bergamasco, e alla partenza ho avuto il privilegio di trovarmi proprio accanto a Gimondi. Per me vincere è trovare il tempo e la voglia di uscire in bici, non di arrivare un centimetro prima di qualcun altro. L’unica, vera competizione è quella con me stesso. Nella testa, nel cuore, nell’anima”. Però il richiamo delle corse è forte non solo per Oldani il corridore, ma anche per Oldani lo chef: “Ho assistito a un Giro d’Italia, che passava proprio davanti a casa. E una volta anche al Tour de France, mi trovavo a Parigi, era la tappa finale, l’arrivo all’Arco di Trionfo sui Campi Elisi”.

Ciclismo e cucina hanno un punto in comune: “Lo stesso traguardo finale, che è la felicità. Altro non saprei. Neanche l’essenza. Il ciclismo, per quanto sostengano il contrario, è uno sport individuale: potrai contare sull’aiuto dei compagni, ma a pedalare su quella bici ci sei soltanto tu con le tue gambe e le tue energie, fisiche e psicologiche. Invece la cucina è, o dovrebbe essere, uno sport di squadra, il perfetto gioco di squadra. Se per preparare un piatto c’è bisogno di quattro passaggi, ci vogliono quattro persone. È aritmetica. E allora bisogna conoscersi e confrontarsi, guardarsi e parlarsi. Come se pedalassimo insieme”. Poi, forse, ci sarebbe anche un altro legame: “La fatica. Il ciclismo è lo sport della fatica, e ci vuole fatica – una fatica diversa, comunque un lungo percorso - anche per elaborare e perfezionare un piatto”. Infine: “Il ciclismo era lo sport del popolo, prima che il calcio invadesse giornali e tv. La mia cucina è quella che definisco pop, nata dal desiderio di amalgamare l’essenziale con il ben fatto, il buono con l’accessibile, l’innovazione con la tradizione. La cucina italiana è grande, oltre che per varietà e gusto, anche per la possibilità che offre di essere costantemente reinterpretata. Io l’ho fatto con semplicità, dando valore a tutti gli ingredienti e facendo della stagionalità e dell’alta qualità dei prodotti due comandamenti”.

Da corridore più urbano che competitivo, Oldani sa valutare la bici in città: “Sarebbe una soluzione al traffico, all’inquinamento, anche all’aggressività e alle tensioni. Però lo dicono le cifre, girare in bici è pericoloso. E allora ci vorrebbero piste e corsie riservate, velocità limitate, zone chiuse al traffico a motore. Ma vietare non è sufficiente se non si educa al rispetto reciproco. Chi va in bici, va anche in macchina. Spesso in bici ci si lamenta delle macchine, poi però in macchina ci si lamenta delle bici”.

Un sogno a pedali Oldani ce l’ha: “Uscire da casa e arrivare al mare. Magari a Forte dei Marmi. Oppure in Liguria. Oppure, da Cornaredo, la prima tappa in Liguria, la seconda a Forte dei Marmi, 150 km al giorno, non è certo impossibile. Il viaggio è avventura e conoscenza. In viaggio s’impara sempre”. Ma non sarebbe facile. “La verità è che pedalo molto meno di quello che vorrei”.