mobilità
Piano è meglio. Le città a 30 km/h fanno fare più soldi e allungano la vita
L'incidentalità in Italia ci costa 1.7 miliardi di euro all'anno. L'urbanista Matteo Dondé ci spiega perché ripensare le nostre città conviene a tutti. E no: con la città 30 non sarete obbligati ad andare a 30 all'ora in tangenziale
Approvare un ordine del giorno che invita il sindaco a “proclamare Milano Città 30, istituendo il limite di velocità in ambito urbano a 30 km/h”, non vuol dire che in tutto il territorio urbano a Milano le auto dovranno andare al massimo a trenta all’ora. Soprattutto non vuol dire che la gente non potrà lavorare, come twittato dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini: “Ricordo al sindaco e al Pd che a Milano la gente vorrebbe anche lavorare…”. La questione è più complessa, prevede molti cambiamenti in più del solo abbassamento del limite orario in città. Perché una città 30 non è solo un limite di velocità, è un modo diverso di intendere la città, di concepire lo spazio urbano per renderlo più vivibile e sicuro.
In sintesi è il ripensamento della mobilità in due macro aree: da un lato le strade che incanalano il flusso del traffico urbano, le maggiori arterie urbane, dall’altro i quartieri dove la gente vive e dovrebbe, vorrebbe, muoversi anche senza l’ausilio dell’automobile. Si tratta di un riequilibrio dello spazio pubblico che non mette più al centro le auto e che permette a chi potrebbe, e vorrebbe, di scegliere di muoversi in bici o a piedi in sicurezza. Le strade nei quartieri rimangono, ma sono ripensate, non sono più solo il luogo delle automobili, ma un luogo condiviso, con marciapiedi più grandi, piste ciclabili, spazi di condivisione: piazzette, giardini, luoghi di socializzazione. Le auto andranno più piano e saranno meno perché un sistema di sensi unici convoglierà all’esterno il traffico non locale permettendo a chi non ha la necessità di prendere l’auto – ossia a tutti coloro che devono coprire solo un tragitto breve, più del 50 per cento dei tragitti che facciamo in città è inferiore ai 5 chilometri – di poterlo fare con altri mezzi.
Un sistema di città che non rallenta chi ha la necessità di usare l’auto: la media oraria nelle maggiori città italiane è inferiore ai 20 chilometri all’ora. E un sistema che ha parecchi vantaggi. Vantaggi dai quali non si vuole tornare indietro. “Graz è città 30 dal 1992. Quando introdussero i primi cambiamenti urbanistici e abbassarono il limite orario l’80 per cento dei residenti era contrario. Due anni dopo contrario era solo il 20 per cento. Sono passati trent’anni da allora e l’80 per cento non vorrebbe tornare indietro”, dice al Foglio l’urbanista Matteo Dondé.
Ci sono città 30 in molti paesi europei e in tutti hanno creato benefici sia alla qualità della vita, sia all’economia. “Le città 30 convengono. Non è una mia opinione, sono i dati a certificarlo”, sottolinea Dondé. “L’incidentalità in Italia, fino al 2019, ci è costata circa 17 miliardi di euro all’anno: l’1 per cento del pil in Italia se ne va per gli incidenti. Ridurli, agire sulla sicurezza stradale, vuol dire avere più risorse”, spiega.
Attorno alla mobilità abbondano le opinioni, spesso vengono tralasciati i fatti. Ci si approccia a questo tema e alla sicurezza stradale allo stesso modo nel quale un certo numero di persone si approccia alla scienza: le fake news abbondano e c’è sempre il rischio che si elevi a certezza il sentito dire. Per evitarlo servirebbe prendere in considerazione gli esempi che già ci sono. Si può partire da Barcellona, dalle superillas, ossia quel sistema di sensi unici che veicolano il traffico automobilistico sulle strade perimetrali del macro-isolato di riferimento (all’interno del quale vengono aumentati spazi verdi, parchi giochi e zone di socialità), evitando così che all’interno del quadrante entrino le auto dei non residenti. “L’agenzia di Sanità pubblica di Barcellona ha stimato che l’estensione delle superillas potrebbe prevenire circa 667 morti premature all’anno, aumentare l’aspettativa di vita e consentire un risparmio economico annuo per la città di 1,7 miliardi”.
Non è il solo studio che mette in evidenzia questo: “I dati provenienti dall’amministrazione di Bruxelles, città 30 da gennaio del 2021, e da Edimburgo. Le sperimentazioni delle prime zone 30 parlano di un miglioramento della qualità della vita in città, di una riduzione della spesa pubblica, nessun congestionamento del traffico”. Meno spesa e più guadagni derivanti dal turismo: i turisti, specialmente stranieri, preferiscono le città ad alta sicurezza stradale percepita. Anche questo ha spinto l’amministrazione di Olbia a trasformarla in una città 30. Un modo per attrarre anche il turismo potenziale. Perché l’Italia è in Europa tra le mete più ambite per il cicloturismo (vale 44 miliardi di euro), ma il numero di cicloturisti che ogni anno pedalano in Italia (generando un indotto di 3,5 miliardi di euro) è inferiore di circa il 60 per cento rispetto al numero potenziale. Il perché? L’Italia è considerata pericolosa da pedalare.
Libertà in contromano