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editoriali

La Juventus e la farsa della giustizia sportiva

Redazione

Il processo ai bianconeri è figlio più del circo mediatico che dello stato di diritto

Ieri sera si è concluso il processo ter per il caso plusvalenze della Juventus alla Corte sportiva d’Appello. La penalizzazione è di dieci punti (la procura federale ne aveva chiesti undici). E’ il terzo atto della serie. Prima assolta, poi condannata con 15 punti di penalizzazione, poi rimandata a maggio per un’altra valutazione. Manca poco alla fine della Serie A e solo ieri sera abbiamo scoperto come si andranno a svolgere le ultime due giornate, quelle decisive per capire chi si salverà e chi si qualificherà alle coppe europee. Perché non c’è solo la Juventus in ballo in tutto questo. La giustizia sportiva ha creato problemi anche alle altre squadre della Serie A. Perché, indipendentemente dalla colpevolezza o meno dei bianconeri, i processi, la penalizzazione e il dietrofront, hanno modificato lo svolgimento del campionato di calcio. Che non è stato falsato, sia chiaro, ma reso però meno lindo, soprattutto per tutto quel che riguarda la corsa per la qualificazione Champions. Che influenza ha avuto l’incertezza della giustizia, il suo intervento poco chiaro, poco motivato, spesso scomposto, sul rendimento delle squadra, compresa la Juventus? Non è misurabile, è impossibile farlo. Ma è naturale chiederselo.

Così come dovrebbe essere naturale chiedersi un altro paio di cose. Primo: è normale avere una giustizia sportiva che sceglie di occuparsi di temi che dovrebbero essere lasciati alla giustizia penale, aprendo indagini solo per rispondere alle pressioni mediatiche? Ed è corretto, poi, penalizzare una squadra per fatti vecchi (che potrebbero aver generato benefici anche in questo) o  sarebbe meglio aspettare e punire gli eventuali colpevoli dalla stagione successiva? In Premier League chi sta monitorando le eventuali violazioni finanziarie commesse dal Manchester City sta valutando l’opportunità di punire il club, qualora fosse colpevole, dalla stagione successiva al pronunciamento della sentenza. Sarebbe una strada naturale. A condizione di fare  una scelta che l’Italia ha scelto di evitare: non farsi dettare i tempi della giustizia sportiva dal circo mediatico.

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